mercoledì 16 dicembre 2009

Leggi di censura del web: Maroni e l'emendamento D'Alia


Dopo l'aggressione a Berlusconi, si parla molto di oscurazione dei siti violenti.

E'il Ministro dell'Interno Maroni il principale promotore di un possibile decreto legge che mirerà ad oscurare i siti violenti o che inneggiano all'odio.
Terreno delicato, perchè si ha a che fare con la libertà di espressione e con i nuovi mezzi di comunicazione di massa, difficilmente controllabili e censurabili. Sottolinea che sarà comunque la magistratura a decidere se un sito è da oscurare.

Già in febbraio dopo l'approvazione al Senato era stato abrogato dalla Camera l'emendamento D'Alia (qui trovate il testo completo:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emend&leg=16&id=392701&idoggetto=413875).

All'interno del pacchetto sicurezza (D.d.L. 733) era contenuto quest'articolo che riguardava proprio la
Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecite compiuta a mezzo internet.
In pratica si dava pieno potere al Ministro dell'Interno di oscurare qualsiasi sito o blog che violasse, disubbidisse o protestasse contro una legge, anche solo ritenuta ingiusta.


Quello che si discuterà giovedì durante il Consiglio dei Ministri sarà una proposta analoga a questa, semplicemente non sarà il Ministro dell'Interno a valutare l'apolgia di reato, ma il Gip, che in base alle segnalazioni dovrebbe ordinare agli amministratori la chiusura del sito, blog o pagina. Se l'ordine non venisse rispettato si passerebbe alla sanzione.

La proposta è quella di mettere dei filtri, in modo da rendere difficoltosa la navigazione verso quei siti, gruppi o pagine. Insomma Cina docet.
Bloccare una parte di un sito, per esempio di un social network significa in qualche modo bloccare l'intero processo. Per vari membri dell'opposizione (Casini, Gentiloni, Franceschini e de Magistris) le leggi esistenti bastano a contenere la violenza su internet. Fare censura e repressione non serve a nulla, se non a limitare la libertà.

Hanno ragione i responsabili di Facebook che affermano che il loro portale sta ai contenuti devianti come una linea ferroviaria sta ai messaggi sui muri delle stazioni, verrebbe mai in mente di fermare i treni per non far leggere i graffiti? Fare guerra ai social network, a You tube e alle nuove forme di comunicazione in tempo reale, costringendo gli amministratori a controllare ogni messaggio ancor prima che venga pubblicato vorrebbe dire distruggere il sistema stesso della piazza virtuale e anche della gratuità.
E' giusto invece il sistema di segnalazione dei gruppi violenti, tramite gli utenti stessi che possono far presente agli amministratori la pericolosità di determinati contenuti che incitano all'odio o alla violenza.

Non rinunciamo alla libertà di espressione. Già adesso la rete è una miniera di informazioni che giornali e televisioni non ci danno. Se blocchiamo la rete, saremo completamente dominati solo da quello che chi governa vuole farci sapere. La democrazia è libertà d'espressione.
Pensiamo all'Iran e a come le notizie giungano al mondo esterno solo dai blog, vogliamo fare la stessa fine? o peggio?

lunedì 14 dicembre 2009

Berlusconi aggredito, il popolo si spacca


Pur non simpatizzando certo per il nostro presidente del Consiglio,
non posso che biasimare il gesto violento di Massimo Tartaglia, che l'ha colpito al volto con un souvenir del duomo di Milano.

Oggi l'Italia è in subbuglio, tra chi si fa patriota del Cavaliere e lo vuole martirizzare, come vittima di tutte le opposizioni possibili a partire da quella di Di Pietro, che nonostante abbia espresso la sua solidarietà sull'accaduto ha sottolineato che il premier istiga, e che il gesto di Tartaglia sarebbe dovuto all'esasperazione.

Tartaglia è incensurato, ma alle sue spalle ha certamente un passato di instabile salute mentale e il suo gesto è stato folle e inutile, anzi è stato sicuramente più utile ai berlusconiani che ora hanno tutto il diritto di inneggiare al loro presidente. E intanto le immagini e i video del volto sfigurato del premier fanno il giro della rete, dividendo ancora di più il popolo sulla politica.

Quello che preoccupa non è tanto il gesto di uno squilibrato, che purtroppo molti acclamano come eroe, ma la divisione netta, che sta letteralmente spaccando l'Italia. Ieri in piazza a Milano oltre ai sostenitori del Pdl c'era anche un numeroso gruppo di oppositori che gridavano "Vergogna, vergogna" e "Fuori la mafia dallo Stato". E' innegabile che una grande fetta dell'elettorato italiano non sopporti più Berlusconi e lo voglia fuori dalla politica, soprattutto dopo tutti gli eventi di quest'anno: dai processi al Lodo Alfano, dalle escort al legame con la mafia.
Purtroppo è più che logico che in un tale clima di tensione accadano gesti come questo e non è la prima volta, già nel 2004 gli avevano scagliato addosso un cavalletto. Adesso il problema non è solo la salute del presidente, ma quella dell'Italia intera.

Il nostro paese è sull'orlo del baratro, adesso sta a noi italiani decidere di affondare o provare a risollevarci, ma non certo con odio e violenza e nemmeno con il vittimismo.
La politica innanzitutto deve essere dialogo, democrazia e libertà. Ricordiamocelo sempre. 

Auguro al premier una pronta guarigione, ma che la botta di ieri possa fargli capire che non si può fare il bello e il cattivo tempo, quando si hanno in mano le redini di una nazione.

venerdì 11 dicembre 2009

Oggi sciopero Cgil: vecchie e nuove forme di protesta



Statali fermi per 8 ore.
3 milioni le persone interessate allo sciopero di oggi indetto dalla Cgil.
In piazza i lavoratori della scuola, università, ricerca e funzione pubblica:
dai precari della conoscenza agli impiegati negli enti locali e nella sanità, cui si aggiungeranno i numerosi cortei di studenti.
Si protesta contro il governo per chiedere il rinnovo dei contratti e la stabilizzazione della precarietà, ma ci si schiera anche contro la riforma della pubblica amministrazione del ministro Brunetta.

Roma, Milano e Napoli le principali città interessate, ma lo sciopero della scuola è nazionale.
La Cgil ritiene che quella di oggi sarà una delle più grandi mobilitazioni di quest'autunno e prevede l'adesione di almeno 100.000 persone solo nella capitale, dove il corteo partirà da piazza della Repubblica, per concludersi in piazza del Popolo con il comizio del segretario generale Epifani e i segretari di Fp-Cgil e Flc-Cgil, Podda e Pantaleo.

"Meno male che c'e' la Cgil, che ha un pensiero, una coerenza, una forza, una determinazione che dice al paese, ai lavoratori quello che bisognerebbe fare per uscire dalla crisi". Sostiene Epifani
 Con lo sciopero di oggi si spera di riuscire ad ottenere il finanziamento sia per i contratti (aumento di 150 euro sui salari nel prossimo triennio) che per le risorse culturali: scuola, università e ricerca, letteralmente paralizzate dalla politica del governo.


Brunetta, dal canto suo, è convinto che l'adesione sarà minima (7-8%) e per il ministro del lavoro Sacconi lo sciopero della Cgil "non fa più molto notizia" ed è frutto "di una scelta di opposizione politica più che sindacale. Vedremo quanti aderiranno".

Vedremo anche noi se gli scioperi possono ancora essere un modo e un mezzo per far valere i propri diritti. Personalmente penso che ormai sia uno strumento troppo abusato e che non interessi davvero più a nessuno quante persone aderiscano o perchè si scenda in piazza. Gli unici che subiscono lo sciopero sono gli altri cittadini, ma ai governanti non interessa affatto e continuano sulla loro linea politica, non saranno certo otto ore di disservizio a fermare i loro progetti. Nuovi secoli vogliono nuovi modi di protesta e non basterà una secessione della plebe sull'Aventino per far piegare i patrizi, se si vuole manifestare per i propri diritti dobbiamo usare altri mezzi. Hacker, blocchiamo i siti dei ministeri, paralizziamo i sistemi informatici, spammiamo nelle loro mail, inseriamo banner con le nostre proteste.
Insomma dobbiamo trovare nuove vie di comunicazione per farci sentire.

lunedì 7 dicembre 2009

La scuola è finita


Leggere i dati del dossier di Legambiente sui tagli all'istruzione è qualcosa di sconcertante.

La scuola è davvera finita, ridotta sempre più ai minimi termini. Aggregazione di istituti, chiusura dei plessi più piccoli e più di 36.000 docenti in meno tra il 2002 e il 2010.
Insegnanti e personale Ata sempre più precario, assunto, licenziato, senza alcun diritto.
Ovviamente, tutto questo, a fronte di un maggior numero di alunni.

La figura del docente, che dovrebbe essere importantissima, perchè ha un ruolo fondamentale nell'educazione e nello sviluppo dei giovani è sempre più squalificata. Non ci sono risorse per la formazione di insegnanti, nemmeno per quelli di sostegno, che necessitano di una specializzazione aggiuntiva per aiutare i più deboli. Chi vuole fare l'insegnante in questi anni in Italia, non deve solo avere la vocazione alla docenza, ma pure quella del martirio, perchè è impossibile lavorare bene in queste condizioni: classi di 30 alunni, spesso e volentieri con un gran numero di stranieri con poche o pochissime competenze linguistiche, ore staccate su cattedre di qua e di là, nessuna certezza del proprio lavoro e assenza di continuità didattica.
Precarie anche le strutture, molte scuole cadono letteralmente a pezzi, ma i soldi dal ministero non arrivano.


I fondi invece ci sono per le paritarie, che vedono aumentare i loro finanziamenti, ben al di sopra di quanto preveda la legge sulla parità scolastica, includendo anche incentivi per chi sceglie di mandare i propri figli in una di queste scuole.
Ovviamente si guarda sempre al guadagno, a discapito della qualità dell'istruzione che dovrebbe essere sempre l'obiettivo primario della politica scolastica.

Per i nostri ministri la scuola pubblica non è un investimento, ma un ramo secco che va tagliato, senza capire che una buona istruzione è una vera risorsa per il futuro e che quello che imparano oggi i giovani a scuola sono gli strumenti che useranno nella loro vita di domani.

Ma adesso a chi importa di garantire a questi ragazzi un'istruzione decente? A chi importa che tutti abbiano accesso ad una scuola libera e con gli stessi diritti, anche nel più sperduto paesino di montagna? A chi importa che gli insegnati sappiano e possano svolgere il loro mestiere in modo adeguato?
Purtroppo a nessuno.

mercoledì 2 dicembre 2009

25 anni dal disastro di Bhopal


A 25 anni da una delle più grandi tragedie industriali di tutti i tempi ancora si contano i danni.

25 anni fa un'esplosione nella fabbrica di pesticidi della Union Carbide a Bhopal in India fece fuoriuscire decine di tonnellate di isocinato di metile e miglialia di altri reagenti chimici, che innalzarono una pesante nube tossica sopra la città, penetrando nelle case, nei polmoni e bruciando gli occhi e gli organi interni della popolazione.

Nei giorni successivi al disastro i morti furono più di 10.000 e nei 20 anni successivi ne morirono altri 15.000.
Attualmente ci sono almeno 100.000 persone affette da malattie polmonari, oculari e del sangue croniche. La contaminazione delle falde acquifere costringe tutt'oggi migliaia di persone alla deformità e alla sterilità.
Bhopal ha fatto ancora più vittime di Cernobil.

La cosa più ingiusta è che i colpevoli del disastro ancora non sono stati puniti. Sebbene un tribunale indiano abbia chiamato in giudizio nel 1991 i dirigenti della Union Carbide, essi non si sono presentati in tribunale. Il governo indiano li ha dichiarati latitanti, chiedendone l'estradizione, ma dal 2004 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha bocciato la richiesta.

Dal 2001, inoltre, la Union Carbide è passata sotto il controllo della Dow Chemical Company, che continua a negare ogni responsabilità dell'accaduto. E pensare che il disastro si poteva prevedere, perchè già due anni prima dell'esplosione l'azienda era stata avvertita della possibilità di fuga di sostanze chimiche, ma non si è fatto nulla per scongiurare l'evento, nè per proteggere la popolazione. Inoltre per giorni i dirigenti continuavano a dire che le sostanze fuoriscite altro non erano che gas dall'effetto lacrimogeno....e intanto la gente perdeva completamente la vista, o addirittura la vita.

Oggi gli attivisti di Bhopal continuano a chiedere giustizia, coadiuvati da Amnesty International (cercate "Cloud of Injustice" su www.amnesty.org) e da GreenPeace, ma si trovano dinanzi a grosse difficoltà, non solo per la continua negazione da parte della corporation di ogni colpa, ma anche perchè nel 1989 sono stati versati circa 470 milioni di dollari al governo indiano per far cessare ogni accusa nei confronti della Union Carbide. Una cifra che considerava colpite solo 3.000 persone. E il governo indiano non ha comunque disposto misure sufficienti per risollevare la città dal disastro. L'area non è mai stata adeguatamente risanata. 

E le conseguenze si pagano ancora oggi, dopo 25 anni, non dimentichiamole.

martedì 1 dicembre 2009

Disoccupazione: cresce all'8%

La disoccupazione ad ottobre in Italia ha toccato il picco dell'8% (2 milioni di persone) senza lavoro.
Un tasso che non si registrava dal novembre 2004, e che, secondo i dati Istat è in crescita: +2% rispetto a settembre e +13,4% rispetto a ottobre 2008.

Sconcertano anche i dati sulla disoccupazione giovanile che ha raggiunto ben il 26,9% .
Ma l'Istat rassicura dicendo che la crescita della dissocupazione va in parallelo con la tendenza a cercare lavoro e che aumenta proprio a fronte di un'occupazione stabile.

Anche il ministro Scajola commenta i dati, dicendo che sono comunque migliori delle medie dell'UE e che gli effetti della crisi economica si stanno riversando proprio sulla disoccupazione, sperando che con la ripresa ci si possa risollevare.

E intanto non si fa nulla per migliorare la situazione, si parla di trans, di mafia, di gialli e di gossip, ma dei disoccupati e dei precari non ne parla mai nessuno.

lunedì 30 novembre 2009

La paura del diverso: sempre più razzismo

Le notizie razziste si moltiplicano. Dall'Italia e dall'Europa si scatenano odio e paura del diverso.

Bambolotti neri appesi come crocifissi davanti alle mostre d'arte, gruppi xenofobi spopolano su facebook incitando all'odio razziale, alla violenza e alla discriminazione nei confronti di zingari, nomadi e immigrati, la Svizzera, paese neutrale per antonomasia si schiera in maggioranza netta contro la costruzione dei minareti, mentre in Italia la Lega propone di inserire la croce sul  tricolore.

Queste sono solo alcune delle notizie sconcertanti che troviamo sui quotidiani di oggi, notizie che denotano sempre più l'intolleranza verso gli altri, verso culture differenti dalle nostre e verso tutto ciò che sembra minare la nostra identità, senza capire che le differenze non sono un pericolo, ma una possibilità di arricchimento e che l'unico modo per mantenere le proprie radici senza accendere i conflitti è attraverso l'integrazione.

Ormai viviamo in una società globalizzata e multietnica, come tutti possiamo constatare ogni giorno uscendo per strada. I confini non sono più quelli di una nazione o di un territorio, ma solo quelli culturali e sociali, che sono ben più difficili da abbattere rispetto a quelli fisici. E' inutile continuare a prendersela con l'ultimo arrivato caricandolo di tutti i mali della nostra società, gli atteggiamenti di odio e violenza dimostrano soltanto l'incapacità di affrontare la paura di qualcosa che non conosciamo.
Ma prima di inneggiare alla supremazia bianca, sarebbe bene imparare a conoscere ciò che è diverso da noi, che non sta venendo a minacciare l'identità culturale di una nazione, ma ad arricchirla, contribuendo con la sua.

Non voglio fare del buonismo, certamente ci sono immigrati criminali, così come ci sono italiani criminali e infatti ci vorrebbe sicuramente una legge sull'immigrazione capace di immettere solo chi se lo merita con il lavoro e con un comportamento socialemente accettabile.
Ma l'atteggiamento che dilaga sempre più è invece quello di fare di tutta l'erba un fascio ed è facile, soprattutto in tempi di crisi, prendersela con i diversi e i più deboli.

Ricordiamoci di cosa accadde nella Germania nazista e di come la società riuscì a liberarsi dal peso della crisi economica, solo schierandosi in massa contro tutti quegli elementi della società considerati apportatori di ogni  male: ebrei, zingari, gay ecc. Come andò a finire lo sappiamo tutti...

Se non vogliamo ripercorrere gli orrori della storia cerchiamo di instaurare un dialogo e imparare a conoscere il diverso, prima di averne paura e dare avvio ad una caccia alle streghe indiscriminata.

venerdì 27 novembre 2009

Il lamento del precario

Precari. Basta lamentarsi, iniziamo a proporre!

Una critica che si può fare alla nostra generazione è che tendiamo a lamentarci di tutto senza mai proporre niente.
Siamo precari, lo sappiamo, eppure, non riusciamo a cambiare la nostra situazione. Aspettiamo che cada il governo, che un nuovo movimento politico stanzi dei fondi per i giovani, che il lavoro ci piova dal cielo o che i nostri capi decidano di assumerci a tempo indeterminato, perchè siamo troppo bravi.

Ma le cose non cambiano, anzi peggiorano continuamente, ogni legge che passa ci affossa sempre di più e noi, più che scendere in piazza qualche volta, cosa di cui non frega niente a nessuno, non siamo capaci.
Già perchè purtroppo non siamo capaci di essere solidali, questo è il vero problema del precariato in Italia. Accettiamo qualsiasi lavoro, con qualsiasi contratto perchè abbiamo la consapevolezza che rifiutando ci sarà già pronto qualcun altro a portarci via il posto, qualcuno che accetterà passivamente qualsiasi condizione, vanificando ogni tipo di protesta o dissenso...

E' l'era dell'individualismo, ognuno pensa a se stesso e chissene importa degli altri, che provano a cambiare le cose anche per noi? L'importante è andare avanti comunque, pur lamentandosi...

Perchè in Francia qualche anno fa la legge sul precariato non è passata? Perchè c'è stato un vero fronte comune, i lavoratori, gli studenti, gli operai hanno davvero bloccato il paese, combattevano uniti per un ideale, cosa che purtroppo pare manchi ai giovani italiani di oggi. Siamo divisi dalla società e dalla politica e siamo davvero incapaci di provare a cambiare una situazione che scontiamo ogni giorno sulla nostra pelle, noi, che abbiamo studiato più dei nostri capi, noi, che abbiamo le conoscenze e le competenze per far funzionare meglio le cose, noi, che abbiamo idee e progetti che nessuno ascolterà.

Se le generazioni che ci hanno preceduto hanno avuto più fortuna è perchè hanno combattuto per quello in cui credevano e sono riusciti ad ottenerlo. Si vive una volta sola e noi vivremo precariamente e individualmente, repressi, insoddisfatti e privi persino della volontà di cambiare.

Con il precariato non ci stiamo giocando solo il lavoro, ma la felicità e la vita.
Siamo proprio sicuri di non essere in grado di cambiare le cose?

mercoledì 25 novembre 2009

Una Robin Hood nella banca di Bonn


Rubare ai ricchi per dare ai poveri.
Dalla foresta di Sherwood a Bonn, Robin Hood si veste in gonnella.

R.B. 62enne di Bonn era la direttrice di una filiale di un'importante banca tedesca ed in meno di due anni ha trasferito con mezzi illeciti circa 7,6 milioni di euro, per impedire che i clienti in difficoltà pagassero gli interessi passivi sui loro conti in rosso.

Per sè non ha tenuto un euro, lo faceva per puro altruismo, senza nemmeno informare i beneficiari della truffa.
Il trucco era semplice, siccome i controlli automatici non avvenivano in contemporanea, la donna trasferiva momentaneamente dai conti dei ricchi una cifra su quella dei più poveri, in modo da bypassare il sistema di controllo e da impedire il pagamento degli interessi passivi. Poi le somme venivano rispostate sui conti originari. Chi ci rimetteva era solo la banca, che non incassava l'interesse sui conti scoperti.


La benefattrice dei deboli è però stata scoperta a seguito delle domande di un cliente, che chiedeva quale fosse la percentuale da pagare per il suo conto in rosso. Ma sentendosi dire che il suo conto era in attivo, l'uomo ha chiesto accertamenti, e così sono stati individuati ben 117 casi in cui la donna avrebbe usato il trucchetto.

R.B. è stata licenziata, condannata a 22 mesi di carcere con la condizionale e ad un'ammenda di 1 milione di euro, cifra che difficilmente riuscirà a pagare con i pochi soldi della pensione.
Ai giudici ha detto di averlo fatto solo per eccesso di altruismo, una solidarietà verso i deboli, nessuna psicosi, forse è solo affetta dalla sindrome di Robin Hood.

Morale della favola: ce ne fossero donne con R.B.!

Da noi purtroppo i ladri onesti vanno in galera, quelli disonesti diventano premier.

martedì 24 novembre 2009

Pausa pranzo? Una ritualità che blocca l'Italia


Queste le parole del ministro per l'Attuazione del programma di governo Gianfranco Rotondi, secondo cui la pausa pranzo si trova proprio a cavallo delle ore più produttive.

"Non ho fatto nessuna proposta di abolire questa pausa, ho solo detto che io l'ho abolita da vent'anni".E poi inisiste attaccando i deputati della Camera, che svuotano l'aula tra le 14 e le 16 per recarsi alla bouvette di Montecitorio, rallentando le sedute, che al Parlamento europeo, invece, sono continue.

L'affermazione del ministro ha scatenato l'ira dell'opposizione, dei sindacati e dei nutrizionisti.
Chi l'ha definita una barzelletta, chi lo vede come l'ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori, chi sostiene la necessità di un apporto nutritivo, nonchè di uno stacco breve che rigeneri il corpo e lo spirito.

E' vero che in Europa la pausa non si fa a metà giornata, ma è anche vero che le abitudini alimentari di inglesi, tedeschi e olandesi son ben diverse dalle nostre: colazione ricca e abbondante, che apporta calorie sufficienti per resistere un maggior numero di ore senza mangiare. In Italia, dove la colazione è leggera e spesso assente è importante, per non avere crisi ipoglicemiche, pranzare a metà giornata. E poi 30 minuti di pausa sono necessari sia per staccare, che per rimettersi al lavoro con maggiore serenità. La pausa ad ogni modo esiste in tutta Europa, in Germania è di 30 minuti, nel Regno Unito di 29, mentre in Francia si hanno 20 minuti ogni 6 ore di lavoro.

Si potrebbe capire un'idea del genere, se anche l'Italia avesse l'abitudine della siesta come la Spagna, riposo pomeridiano, che è stato abolito qualche anno fa dal governo Zapatero per mettersi in linea con l'Europa e adeguare l'orario di lavoro (9-18) a quello degli altri paesi con pausa dalle 13 alle 14.

Ma in Italia, dove la pausa media è di 30 minuti, pensare di abolirla per una maggiore produttività è veramente una barzelletta. E non solo. Siamo anche uno dei paesi con l'alimentazione più sana del continente, con meno problemi di colesterolo e trigliceridi proprio perchè la nostra dieta è più equilibrata rispetto a quella degli altri paesi europei. Abolire la pausa o renderla una scelta forzata sarebbe improduttivo, siamo persone, non robot, è impossibile lavorare 8 ore di seguito senza poter scambiare due chiacchiere con un collega mentre si mangia un panino.

Quale sarà la prossima proposta? Non si potrà nemmeno più andare in bagno, perchè improduttivo?

Caro Ministro, a lei che ha abolito la pausa da vent'anni, consiglio di mangiarsi un bel panino, forse con un apporto di carboidrati anche il suo cervello ne trarrà giovamento.

lunedì 23 novembre 2009

Carceri che scoppiano, proteste e proposte


Le nostre carceri sono sempre più sovraffollate, insorgono detenuti e agenti di polizia penitenziaria.

Genova e Lucca sono le città capofila da cui parte la protesta. A Marassi alle 23.50 di sabato è stato sventato un tentativo di suicidio, un detenuto ha provato a togliersi la vita con un sacchetto di plastica in cui confluiva gas emanato da una bomboletta per fornellini. L'uomo, dopo essersi ripreso, ha sostenuto che il suo gesto voleva essere una protesta contro le condizione detentive.

A Marassi infatti su 430 posti letto ci sono ben 780 detenuti e mancano 165 agenti, mentre a Lucca ci sono 200 detenuti per 80 posti e 40 agenti in meno. Da venerdì sono partite rumorose proteste e adesso i sindacati, tra cui il Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) chiedono al ministro Alfano 5000 nuove assunzioni per far fronte alla situazione italiana, con 66 mila detenuti per 42.000 posti.

Le proposte riguardano anche l'uso del braccialetto elettronico e la possibilità di creare carceri più leggere per i soggetti che provengono dalla libertà, anche con strutture come centri di identificazione ed espulsione che non sono ancora operative, nonchè depenalizzare i reati minori.

In attesa che si risolvano i problemi di sovraffolamento ci si pone una domanda. Perchè se l'Italia ha un così grande numero di detenuti questi ultimi vengono tenuti chiusi nelle carceri anzichè destinarli a lavori socialmente utili?
Visto che sono le nostre tasse a pagare il mantenimento dei penitenziari, perchè non si studia un sistema per cui alcuni detenuti, certamente muniti di braccialetto elettronico e sorvegliati, possano per esempio pulire i parchi e le spiagge?
Sarebbe certamente un lavoro utile sia per loro, che per noi e soprattutto per l'ambiente.
Continuare a stipare gente dentro le carceri sembra assurdo, anche perchè come si è visto, non solo sono precarie le condizioni, ma anche la vita stessa, vedi il caso Cucchi.
Se la riabilitazione, chiaramente per chi se l'è meritata, potesse avvenire, grazie ad una sorta di riscatto sociale, redimendo la colpa contro la società tramite una specie di "volontariato" forse si potrebbero auspicare situazioni migliori.

venerdì 20 novembre 2009

Buongiorno Italia, buongiorno italiani


Buongiorno Italia, buongiorno italiani,
buongiorno al Premier che prescrive i suoi processi,
buongiorno al ministro che con forbici tra le mani,
taglia gli sprechi e fa i conti con gli eccessi,
buongiorno a lei ministra dell'istruzione,
che riforma scuola e università,
lasciando agli studenti l'illusione,
di un futuro che non verrà.
Buongiorno a te, giovane precario,
che anche oggi combatti la tua battaglia
per sbarcare il lunario.
Posto fisso? Un fuoco di paglia.
Buongiorno anche a voi dell'opposizione,
che anzichè contestare,
vi schierate dalla parte del padrone.
Buongiorno al leghista e al clandestino,
a chi condanna l'immigrazione,
e a chi fugge dalla miseria del suo destino.
Buongiorno a te, che leggi questa poesia,
che ti faccia sorridere,
amen e così sia.


giovedì 19 novembre 2009

White Chistmas? Ma anche no.


Ecco l'ennesima notizia razzista che viene dal nostro Bel Paese.
Mentre in Parlamento passa la legge sulla privatizzazione dell'acqua, il decreto salva-precari, che anzichè salvare, crea una splendida guerra tra poveri per il posto di lavoro, da Coccaglio (BS) ci giunge la grande idea di un Bianco Natale.

Ma non aspettatevi una bella nevicata, nè festeggiamenti tradizionali in base al principio di fratellanza e carità, no White Christmas è il progetto del sindaco e dei suoi amministratori leghisti di cacciare da Coccaglio tutti gli immigrati irregolari e rispedirli al proprio paese d'origine, via i neri, per un bel Natale Bianco.

Ora non solo l'idea del Sindaco è razzista e xenofoba, ma per di più sfruttare il clima natalizio, che dovrebbe essere di tolleranza e solidarietà per espellere i clandestini è qualcosa di veramente turpe e truce.
"Natale non è la festa dell'accoglienza ma della tradizione cristiana" afferma l'assessore alla sicurezza. Bene allora mi vergogno della mia tradizione e di vivere in un paese che fa dichiarazioni del genere, discriminando le persone in base alla presunta appartenenza ad una razza.

E' possbile cacciare via i più bisognosi proprio a Natale, quando si festeggia la nascita di Gesù in una grotta,  perchè nessun albergo voleva ospitare Giuseppe e Maria?
E' possibile strumentalizzare il Natale e la difesa del cristianesimo, che cristianesimo non è, perchè interpretato secondo i propri comodi?

Sì, in Italia è possibile anche questo.
Con gli auguri di un buon Natale, che non sia nè bianco, nè nero, nè giallo, ma che porti un po' di razionalità ai nostri governanti.

mercoledì 18 novembre 2009

Scuola: meno sostegno, ma più disabili


Tra i tanti tagli che quest'anno ha subito la scuola, c'è anche quello sugli insegnanti di sostegno.
Circa 500 in meno, a fronte del crescente numero di ragazzi disabili iscritti nei nostri istituti: più di 4000 nell' a.s. 2009/2010, che perdono pian piano i loro diritti.

Ore di sostegno dimezzate da 18 a 9, la perdita di un riferimento psicologico, la mancata assistenza anche per andare ai servizi, la concentrazione in una classe di addirittura 5 ragazzi disabili, quando 2 è il numero massimo accettabile per avere un buon livello di andamento di tutti, normodotati e non, con un ritorno verso le classi differenziali, in cui i diversamente abili vengono riuniti, per toglierli dalla confusione delle aule, ma al contempo per ecluderli anzichè integrarli.

Da tutta Italia le famiglie dei ragazzi disabili hanno presentato proteste al Tar, è impensabile che si stanzino così pochi fondi nei confronti dei portatori di handicap, che per di più vedono gettati in fumo tutti i loro progressi. Infatti ogni piccolo traguardo raggiunto da un ragazzo disabile è conquistato con sforzi e fatiche che devono essere costanti e mantenuti, se viene meno il sostegno anche i progressi, non solo mancano, ma regrediscono.

Le riforme del ministro Gelmini stanno penalizzando davvero tutti, studenti, insegnanti e persino i disabili. Ma è questo che vogliamo dalla nostra scuola?

martedì 17 novembre 2009

La repubblica delle banane


Oggi in occasione della Giornata Internazionale per il diritto allo studio, mentre a Bruxelles si sta tenendo un'assemblea studentesca internazionale con 150 studenti provenienti da tutta Europa e delegazioni da altri continenti, nelle città italiane si sono svolte numerose manifestazioni contro la politica del ministro Gelmini nel'ambito della scuola, dell' università e della ricerca.

Gli studenti dell'Accademia di Roma protestano con in mano grappoli di banane, chiedono l'annessione all'Africa, dal momento che il nostro paese non investe nei saperi, ma anzi taglia i fondi e le risorse.
Siamo la Repubblica delle banane, anzichè progredire stiamo tornando al Medioevo, verso una società dove la cultura è sempre meno accessibile e negata.

Studenti delle superiori, dell'università, delle accademie, insieme ai precari della ricerca si mobilitano dal nord a sud, da Milano a Bari, da Trieste a Palermo, contestando il disegno legge sulla riforma universitaria già approvato dal Consiglio dei Ministri, che secondo i manifestanti punterebbe a una svendita dell'università ai privati.
 
"Il futuro è nostro, riprendiamocelo!" questo è il grido unisono che lanciano i nostri studenti i quali chiedono un maggiore stanziamento di fondi nell'istruzione, per una scuola accessibile a tutti, che promuova il sapere e non diventi sempre più dequalificata e dequalificante in mano a enti privati.

La Gelmini risponde alle proteste dicendo che i centri sociali non rappresentano gli studenti, e sostiene che i partecipanti alle manifestazioni hanno tirato fuori slogan degli anni '70 ormai superati e che anche i ragazzi vogliono una scuola che li prepari al lavoro e non un luogo di indottrinamento ideologico.
 
Peccato che alle proteste non fossero presenti solo i giovani dei centri sociali, ma migliaia di studenti, che vedono futuro e cultura negata dalla nuova legge che sta per passare.
L'Onda si sta riformando e gli studenti promettono un altro autunno caldo, una lunga battaglia per la cultura ed il sapere, che come dicono non è in vendita. "EDUCATION IS NOT FOR SALE".

Staremo a vedere. Dalla Repubblica delle Banane per oggi è tutto. Passo e chiudo.

lunedì 16 novembre 2009

Dall'oro nero all'oro blu: giù le mani dall'acqua!


Giù le mani dall'acqua! Così protestano i manifestanti davanti a Montecitorio, contro la legge che vuole rendere l'acqua, bene comune e indispensabile alla vita, una merce da privatizzare.

Oggi, infatti, approda alla Camera il decreto sugli obblighi comunitari (135/09), che include all'art. 15 la gestione privata dell'acqua.
La maggioranza è decisa a portare avanti la proposta, nonostante i sit-in organizzati da ambientalisti e associazioni dei consumatori, tra cui il FIME (Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua) che dichiara "L'acqua è un diritto umano" e organizza una manifestazione nazionale.

Il Pdl si difende dalle accuse, sostenendo che la riforma sia utile per mettersi in linea con le normative europee, mentre l'Idv ribatte che non è stata nemmeno presa in considerazione la proposta di legge di iniziativa popolare, firmata da 500.000 cittadini per ripubblicizzare il servzio idrico, proprio come è stato fatto in Puglia.

Insomma sul fronte dell'acqua è guerra aperta. Se da un lato il governo è intenzionato a privatizzare, con conseguente aumento dei costi per i consumatori (solo nel 2008 +5,4% dove l'acqua è in mano ai privati con picchi del 61,4% tra il 1997 e il 2006), la società civile si mobilita: l'acqua non è un bene su cui si può lucrare, deve essere affidata agli enti locali.

L'acqua non è un bene inesauribile, lo sanno bene i privati, che, di fronte alla crisi globale per le risorse idriche, si schierano per accaparrarsene il dominio. Se ancora oggi nel mondo si combattono guerre per il petrolio, non c'è da stupirsi se tra una decina d'anni si combatterranno per l'acqua.
Prima che ci privatizzino anche l'aria che respiriamo, cerchiamo di tenerci stretto il nostro oro blu, attraverso una gestione pubblica, controllata e regolata.

Avranno pure trovato il ghiaccio sulla Luna, ma non basterà a placare la sete di 6 miliardi di persone che vivono sul nostro pianeta.

venerdì 13 novembre 2009

Un esercito di 8 milioni di precari


2 milioni per le cifre ufficiali, ma se si aggiungono i vari contratti a tempo e il lavoro nero arriviamo ad 8 milioni di italiani con un lavoro instabile e un futuro ancora più grigio. Un settimo della popolazione, un esercito.

Dai 20 ai 40 anni, operai, infermieri, commesse, ingegneri, insegnanti intrappolati nella giungla dei contratti a tempo, costretti a lavorare in nero, sfruttati da una società che non offre nè diritti nè garanzie e nemmeno un futuro. Chi fa due lavori, chi è costretto a cambiare occupazione di continuo, chi lavora completamente in nero, chi aspetta un impiego per sei mesi e chi ha perso ormai anche quella speranza.

Persino le agenzie interinali, criticate sul nascere, perchè sembravano aumentare il lavoro precario e portare alla deregulation, adesso sono un miraggio per pochi, almeno lo stipendio è certo e pagato dall'agenzia e il contratto è regolato. Ma ai datori di lavoro non piace, preferiscono la flessibilità totale, che gli permetta di fruire della collaborazione dell'impiegato senza troppi vincoli.

La maternità? un sogno a cui si deve rinunciare, le donne sono costrette a scegliere tra la famiglia e un'occupazione incerta e transitoria, se poi si decide di mettere al mondo un figlio è ancora peggio, senza tutele, nè sostegni, diventa impossibile pagare le rate del mutuo, i mobili e tutto il resto, il più delle volte si è costretti a tornare a casa dei genitori.

Davanti a questi dati prende letteralmente lo sconforto. Non solo ad 8 milioni di persone colpevoli solo di essere nate nel momento sbagliato, in piena crisi economica, viene negato il diritto fondamentale del lavoro, ma anche tutto quello per cui i nostri nonni e bisnonni hanno lottato, tutele e diritti: un orario di lavoro giusto, un salario adeguato, l'assicurazione, la malattia, la maternità e la pensione.
  
L' Art. 1 della nostra costituzione dice "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro" io direi che l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro precario.

giovedì 12 novembre 2009

Dal co.co.pro alla partita Iva: diventa imprenditore di te stesso


Non bastavano i danni dei Co.co.co e dei Co.co.pro a fare del lavoro precario in Italia non un'eccezione, ma la regola per svolgere il proprio mestiere, ora si aggiunge la beffa della partita iva.

Già, perchè la nuova tendenza del mercato del lavoro è quella di trasformare i dipendenti in imprenditori di se stessi attraverso la partita iva.

Cambiar tutto per non cambiar nulla. Infatti il lavoro, l'orario e il salario restano gli stessi, le aziende ci guadagnano risparmiando da un 25% ad un 33% e chi ci rimette? Certamente il giovane precario, costretto ad accettare la subdola manipolazione ed a perdere ogni diritto: assicurazione, pensione ed assistenza.

Grafici pubblicitari, web designer, redattori e persino segretarie sono letteralmente costretti ad accettare di diventare fornitori, vendere il proprio lavoro, come farebbe un'impresa, ma non a molte aziende, bensì ad una sola, quella da cui vengono scaricati come dipendenti.

Causa del fenomeno è certamente la crisi globale, per cui molte imprese, pur di sopravvivere sono costrette ad abbattere i costi a discapito di una generazione di trent'enni, carica di conoscenze e competenze che potrebbero, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, dare un input nuovo al mercato e indirizzare la società verso una nuova e più felice era post-industriale.

I sogni di una generazione sono infranti, schiavizzati e paralizzati da false promesse e falsi contratti.
Non lamentiamoci della crisi economica, nè se i nostri migliori cervelli fuggono all'estero, perchè il nostro paese non è in grado di offrire altro che una vita di precarietà, a meno che non ci si spogli in televisione o si vinca un terno al lotto.

mercoledì 11 novembre 2009

Un'altra morte in carcere


Parma. Giuseppe Saladino, 32 anni, muore dopo una notte in carcere.

Dopo la vicenda di Stefano Cucchi, della quale ancora si cercano spiegazioni,
ci troviamo di fronte ad un'altra notizia inquietante che viene dai nostri penitenziari.


Il trentaduenne Giuseppe Saladino, condannato agli arresti domiciliari per un anno e due mesi a causa di un furto di monetine dalle macchinette di un parcheggio, nel pomeriggio di venerdì scorso è uscito di casa, nonostante il divieto. Subito intercettato da una pattuglia della polizia è stato portato nel carcere di via Burla a Parma. Erano le 17.

Alle 8 del mattino successivo, la madre Rosa riceve la telefonata del direttore del penitenziario, che le comunica la morte del figlio avvenuta per un malore. Ma alla donna non basta e, decisa a far luce sulla fine di Giuseppe, si rivolge ad un avvocato per scoprire come è possibile che il ragazzo, sano al momento dell'arresto, sia morto nel giro di 15 ore. E' stato veramente un malore, o in quel lasso di tempo è successo qualcosa?

Giuseppe non era un santo, aveva rubato, violato i domiciliari e giustamente è stato arrestato. Le forze dell'ordine hanno fatto il loro dovere, l'importante è che non l'abbiano fatto fin troppo, condannando involontariamente alla morte un altro giovane.
Mentre i politici rubano miliardi e continuano allegramente a spassarsela, i poveri diavoli per qualche monetina ci rimettono la vita.

Con la speranza di fare chiarezza su questi casi vi lascio con una poesia di Raboni:

Per nessuna ragione,
sapendo quello che succede,
mi vorrei risvegliare in questo mondo.
Ma già pensandolo (pensando
di pensarlo) so anche
che non è vero, che per quanto
ignominioso sia il presente io mai
rinuncere, potendo scegliere,
a starci, magari di sghembo
e rattrappito d'amarezza, dentro.
Forse, mi dico allora,
non è per me che parlo, è qualcun altro,
nato da poco o nascituro,
ad agitarsi nel mio sonno, a premere
da chissà dove sul mio cuore,
a impastare parole col mio fiato...

(G. Raboni, Barlumi di storia)

martedì 10 novembre 2009

Il boom delle lezioni private

Oggi prendiamo spunto da un'inchiesta di Repubblica che denuncia il boom delle lezioni private.


http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/lezioni-private/lezioni-private/lezioni-private.html


Se è vero che le famiglie italiane sono pronte a spendere fino a 2000 euro l'anno per far ottenere la sufficienza ai propri figli e se è vero che la scuola fa poco o niente per creare corsi di recupero idonei a saldare i debiti delle diverse materie, è anche vero che spesso i ragazzi di oggi non sono pronti ad affrontare le difficoltà ed hanno bisogno di un sostegno.

Da insegnante precaria, nonchè di lezioni private, posso dire con certezza, che gran parte degli studenti di oggi è immatura, vuoi per colpa di un'educazione che dà tutto e subito, vuoi per la scuola, che è sempre più in decadimento ed ha strumenti inadeguati e obsoleti di insegnamento rispetto alla velocità con cui cambiano la società e le generazioni.

I giovani di oggi sono lo specchio del mondo in cui viviamo, hanno fretta, sono rapidi, abituati ad ottenere con poche difficoltà le cose di cui hanno bisogno e senza approfondire troppo.
E' difficile che riescano a stare attenti più di un'ora di seguito, anche nello studio a casa, le distrazioni sono estremamente frequenti e se manca la concentrazione e l'esercizio è impossibile acquisire un buon metodo di apprendimento. Ecco perchè si alimenta il mercato nero delle ripetizioni, ingiusto, certamente, perchè solo le famiglie abbienti possono permetterselo, ma tuttavia utile a questi ragazzi che hanno bisogno di un riferimento ad personam per acquisire un po' più di autonomia nello studio.

Mimmo Pantaleo, segretario nazionale di Cgil-Flc sostiene che "Il boom delle lezioni private è la prova che si sta destrutturando, pezzo dopo pezzo, il sistema pubblico. I corsi di recupero nelle scuole praticamente non ci sono più perché mancano i soldi per pagarli, gli insegnanti sono demotivati, l'idea vincente è che la scuola è tanto più seria quanto più boccia, mentre noi crediamo esattamente il contrario, e cioè che la missione culturale e educativa sia quella di portare quanti più studenti possibile alla fine del percorso. Invece, stiamo tornando a una scuola che esclude soprattutto i più deboli e i più svantaggiati."

D'accordo la missione educativa è sicuramente quella di aiutare i più deboli e sostenerli, ma non per questo bisogna promuovere tutti. Se il signor Pantaleo si trovasse realmente in una classe capirebbe perchè il boom delle lezioni private va in parallelo con il boom delle bocciature e non certo perchè si vuole fare una scuola più severa, ma perchè purtroppo attualmente il mondo della scuola e quello degli studenti parlano due linguaggi diversi e incomprensibili l'uno all'altro.

Mi trovo assolutamente d'accordo invece con Tilde Giani Gallino, esperta di psicologia evolutiva, secondo cui
"questi giovani (insegnanti privati) possono essere un modello per i ragazzini: sono più grandi di loro, ma non ancora adulti, entrano facilmente in comunicazione, si scambiano mail o notizie musicali... E c'è anche un altro messaggio: il ragazzo di 20 o 22 anni che viene a darti lezioni è qualcuno che ancora studia ma intanto lavora per rendersi autonomo, come anche tu potrai fare tra pochi anni".

Se lo Stato italiano investisse di più nell'istruzione e agevolasse quella massa di giovani precari davvero motivati e votati all'insegnamento (perchè l'insegnamento non è un lavoro, ma una missione) forse le cose potrebbero essere diverse e il doposcuola sarebbe un reale sostegno per le famiglie, non più costrette a fare i conti delle spese extra per la cultura dei propri figli; per i ragazzi, che avrebbero modo di essere seguiti e di apprendere non la materia, ma il metodo e persino per i docenti, che potrebbero più agevolmente portare avanti i programmi, grazie all'appoggio pomeridiano.

Purtroppo sono proposte che non vengono accolte e i giovani insegnanti precari sono costretti a pubblicare i loro annunci su siti e bigliettini, per guadagnare quel tanto che basti a pagare l'affitto e il costo della vita. Ed è il mercato che li richiede sempre più incessantemente.

Ricordando che i giovani d'oggi saranno gli adulti di domani e che l'istruzione e la cultura sono le basi della società civile, speriamo che anche i nostri governanti se ne ricordino e comincino ad investire di più sulla scuola, ma che sia una scuola di merito, aggiornata, che sappia comprendere il disagio dei più giovani ed aiutarli a superare con serietà le difficoltà della vita.

lunedì 9 novembre 2009

Muri di ieri, muri di oggi


20 anni fa cadeva il muro di Berlino.
In ricordo di quel 9 novembre 1989 oggi si terranno in tutto il mondo numerosi festeggiamenti per celebrare la vittoria della democrazia nella Germania dell'Est.

Pensare adesso ad un mondo diviso in due all'interno dell'Europa pare una cosa quasi assurda, eppure c'è stata per quasi trent'anni e le conseguenze le pagano ancora adesso gli ex paesi satelliti dell' Unione Sovietica come Romania e Bulgaria, che dal 2007 sono entrati far parte dell'Unione Europea, non senza difficoltà economiche e di integrazione, a causa di un passato di miseria da cui cercano di risollevarsi.

Eventi come la caduta del muro di Berlino hanno segnato la storia in positivo ed è bene festeggiare e ricordare quei momenti per non dimenticare cosa avviene quando si innalzano barriere fisiche o morali per dividere le persone e i territori.

Attualmente, purtroppo i muri e i confini etnici, politici o di incomprensione sono ancora tanti: si pensi alla "barriera di separazione" in Israele, alla divisione tra Corea del Nord e del Sud, al confine tra India e Pakistan e a quello tra Stati Uniti e Messico, ai conflitti tra cattolici e protestanti in Irlanda e se ne potrebbero citare molti altri.

Celebriamo oggi la caduta del muro di Berlino, ma con la consapevolezza e la speranza di abbattere anche tutti quegli altri muri che nel mondo ancora continuano a dividere, separare e uccidere.

venerdì 6 novembre 2009

La soluzione definitiva al problema del crocifisso



In questo continuo clima di polemiche tra laici, religiosi e tradizionalisti, potrebbe esserci un'opzione che metta tutti d'accordo.

Se il crocifisso di legno o di plastica esposto nelle aule è un simbolo eccessivamente pregno di significato religioso, sopratutto per chi vede in esso l'estrema pretesa del Vaticano di dominare sullo stato laico, perchè non spendere i soldi destinati al crocifisso in simboli artistici della nostra tradizione?

Mettiamo nelle aule italiane poster del nostro grande Rinascimento, che sono contemporaneamente simboli religiosi ed artistici.La creazione di Michelangelo offende forse i laici o gli appartenenti ad un'altra fede?
No ed inoltre sarebbe anche un sussidio didattico per quando viene studiata in storia dell'arte o potrebbe essere ispiratrice di una gita ai Musei Vaticani, che ospitano un'immensa collezione del patrimonio artistico del nostro paese.
I religiosi potranno anche riconoscere in esso la rapprsentazione delle loro credenze, senza tuttavia prevaricare a discapito di chi non crede.

Se accanto alle cartine geografiche e alla lavagna ci fossero rappresentazioni della nostra cultura e della nostra tradizione, anche religiosa, nessuno avrebbe nulla da obiettare, perchè si tratta anche di una materia di studio, nonchè di un ampliamento della conoscenza artistica dei nostri ragazzi.

Siete d'accordo?

giovedì 5 novembre 2009

Privatizzazione dell'acqua


Una notizia che è passata un po' sottotono in questi giorni riguarda la privatizzazione dell'acqua.
Il decreto legge 135/09, che riguarda la gestione dei servizi pubblici locali, compreso quello idrico, da affidare a privati, è stato  approvato dal consiglio dei ministri, ed è approdato in Senato il 3 novembre. Per il momento è stato emendato grazie all'intervento del PD.

Ma si tenta comunque di sottrarre l'acqua dalle mani dello Stato, delle regioni e dei comuni ed aprire il mercato ai privati.
Questo, a quanto dice il governo, per adeguarsi alla disciplina comunitaria.
Tuttavia il Parlamento Europeo dichiara che "l'acqua è un bene comune dell'umanità" e che "alcune categorie di servizi non sono sottoposte al principio comunitario della concorrenza".

La prima regione a muoversi contro l'art. 15 del decreto governativo è stata la Puglia, che considera l'acqua un bene dei suoi cittadini e per tanto non assoggettabile ai meccanismi di mercato. Vendola e la sua Giunta hanno stabilito la ripubblicizzazione dell'Acquedotto Pugliese, proprio riferendosi alle norme europee, che consentono che vi sia la libertà di scelta da parte dello Stato, dei comuni e delle regioni “se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito a un altro ente (pubblico o privato)”.

In molte altre zone del paese ci si appella contro il decreto, soprattutto dove la gestione delle risorse idriche funziona egregiamente. Dal nord al sud i comuni hanno inserito nei loro statuti articoli che proteggano l'acqua come un bene comune e pubblico.


Fermiamo la privatizzazione dell'acqua! L'acqua è un bene di tutti!


Ricordando che al mondo ci sono paesi in cui si muore di sete proprio perchè l'acqua è affidata nelle mani dei privati che non fanno sconti a nessuno.

mercoledì 4 novembre 2009

Crocifisso sì, crocifisso no


Dopo la recente decisione della Corte Europea di Strasburgo di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche sono scoppiate le polemiche.

E' giusto che l'educazione statale sia laica ed ogni genitore ha certamente il diritto di crescere i suoii figli secondo la proprie credenze e convinzioni che siano atee, agnostiche oppure religiose.

Non voglio qui prendere la difesa del Vaticano, però penso che il Crocifisso non sia per noi europei solo un simbolo religioso, ma anche culturale ed artistico.
Gran parte della nostra cultura è fondata proprio sul cristianesimo, prendiamo Dante, Giotto, Cimabue, Michelangelo, Manzoni e persino Gauguin e Dalì.

C'è forse qualcuno che si rifiuta di ammirare la Cappella Sistina perchè intrisa di simboli religiosi?
Chi non contempla nei musei i quadri di tema religioso che hanno ispirato gli artisti di tutt'Europa dai tempi antichi ad oggi?
Dovremmo forse smettere di insegnare ai nostri figli la Divina Commedia, perchè ispirata da valori e concezioni di matrice cristiana?
E che dire della divina provvidenza manzoniana, escludiamo forse i Promessi Sposi dal programma scolastico?

No, perchè il cristianesimo fa parte della nostra cultura e della nostra tradizione. Il crocifisso, che si vuole abolire dalle classi, non è solo il simbolo di una religione, ma è anche la figurazione delle nostre origini.

I nostri figli, prima di compiere una scelta religiosa, hanno il diritto e anche il dovere di conoscere innanzitutto le tradizioni del mondo in cui vivono, che siano condivisibili o no.

Se la scuola deve essere laica che si abolisca piuttosto l'ora di religione cattolica e si insegni etica o Storia delle religioni e si educhino gli studenti a valori    universali e ad una morale sociale, condivisibile da tutti. Laici e non.

Per quanto la nostra società si stia evolvendo sempre più verso una multiculturalità, non bisogna dimenticare le proprie tradizioni e il crocifisso, volenti o nolenti è una di queste.

Perchè continuare ad accanirsi su un simbolo?


martedì 3 novembre 2009

Il Ku Klux Klan arriva in Italia approdando sul web




La setta americana xenofoba e razzista ha aperto una sezione italiana con un blog.
Gli incappucciati del KKK si proclamano difensori della razza bianca, considerata superiore rispetto a neri, ebrei, ispanici e persino gay.


"Se siete uomini o donne patrioti bianchi e ritenete di volervi impegnare per la vostra stirpe e per le generazioni future, se ne avete abbastanza di vedere la nostra discendenza, i nostri diritti e il nostro futuro calpestati e gettati via, se volete mettere fine a questo scempio, saremo felici di avervi con noi e di ascoltarvi”
Questo è quanto si può leggere sul loro sito : 


Sono già stati presi provvedimenti da parte del governo, su sollecitazione del ministro Carfagna e dell'Ufficio Nazionale Antidiscrimanazioni Raziali. Gli ordini preposti al controllo dei contenuti stanno cercando di individuare il server che ospita il sito della divisione europea del Ku Klux Klan.


Non contenti del blog, continuano a pubblicare su un altro spazio: http://www.stormfront.org/forum/showthread.php?t=514594 
Qui il capo supremo della setta, l'Imperial Wizard Cole Thornton apre le porte agli Europei:

"Ho il piacere di annunciare che la votazione è terminata con l'accettazione dell'Europa. A seguito di una schiacciante maggioranza, Io dichiaro l'Europa quale membro ufficiale dell' U.N.S.K. Benvenuti e congratulazioni."

Per quanto risulti quasi ridicolo vedere persone che si barricano dietro a costumi e simboli di retaggio medievale, quello che stupisce è che purtroppo manifestazioni del genere  raccolgono i malumori serpeggianti della gente e, attraverso il web, diffondono ideologie spicciole, che fanno dell'appartenenza al gruppo e dell'odio per il diverso il loro cavallo di battaglia.

Prima di iniziare a vedere anche in Italia gente incappucciata che inneggia alla superiorità della razza iniziamo a denunciarli, se vi imbattete in siti del genere, non esitate!






Precario - Junior sprea

Oggi vi do il buongiorno con un'altra canzone sul precariato che ci ha suggerito una nostra fan.
E' di Junior Sprea!
Buon ascolto




lunedì 2 novembre 2009

Stefano Cucchi come Federico Aldovrandi, uccisi dallo Stato.

Si può morire a 31 anni perchè si hanno in tasca 20 grammi d'erba? 






In Italia purtroppo sì. E' la vicenda terribile di cui si sente parlare in questi giorni, la morte di Stefano Cucchi.
Sano al momento dell'arresto, avvenuto il 15 ottobre, il giorno seguente presenta echimosi e lesioni sul volto e nella zona sacrale, per cui è ricoverato al Fatebenefratelli di Roma, dove gli viene riscontrata la frattura di due vertebre.

Stefano dice di essere caduto dalle scale, a fine settembre a casa dei genitori. Ha forse mentito per paura?
Può una persona con due vertebre rotte, che non si regge in piedi vivere tranquillamente per giorni?
La sorella Ilaria sostiene che dalle scale Stefano non fosse mai caduto e che stesse benissimo, prima di venire arrestato. La sera del 16, rilasciato dall'ospedale viene portato al Regina Coeli in sedia a rotelle, non essendo più in grado di camminare. Il mattino seguente Stefano viene nuovamente ricoverato, prima al  Fatebenefratelli e poi al Pertini, dove muore all'alba del 22 ottobre.

Le foto parlano da sole. Il volto è irriconoscibile. Cosa è successo a Stefano per essere ridotto così?

Si parla di omicidio preterintenzionale. La magistratura indaga sui carabinieri che l'hanno avuto in custodia ed anche sull' ospedale dove è morto. I medici dicono che rifiutasse il cibo, ma perchè non è stato intubato? Cosa è successo davvero nella caserma?
In attesa dell'autopsia che porti un po' più di luce sulla verità, la domanda che sorge spontanea è una sola:

Perchè è morto Stefano?

E' giusto che uno Stato faccia rispettare le sue leggi, Stefano era punibile per il reato, ma non per questo doveva morire, massacrato di botte. Lo Stato deve proteggere i cittadini, aiutare i più deboli e perseguire i colpevoli, rieducarli alla legge, ma non certo attraverso la forza, una forza così bruta da spezzare la vita di un giovane.


La vicenda ha tanti paralleli con quella di Federico Aldovrandi, anche lui morto a soli 18 anni (25 settembre 2005) per mano della polizia. Il processo ha portato all'accusa di quattro poliziotti, condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi per "eccesso colposo in omicidio colposo", ma che non hanno scontato neanche un giorno di carcere grazie all'indulto, nè sono stati radiati dalla polizia.

Federico, come Stefano è morto massacrato di botte, calci e manganellate.
 
E' questa la giustizia in Italia?

E' possibile vivere in uno Stato in cui spesso i tutori dell'ordine sono degli assassini, che per di più restano impuniti?

venerdì 30 ottobre 2009

Generazione 1000 euro, commedia sul precariato


Per chi non lo avesse ancora visto, voglio consigliarvi il film di Massimo Venier, Generazione 1000 euro.

Anche se tratta in maniera ironica e leggera il tema del precariato, attraverso le strampalate vite dei protagonisti, è una commedia piacevole e divertente, che rispecchia il mondo dei trentenni di oggi.

Matteo, 30 anni, genio della matematica e cultore della materia all'università è costretto a fare un lavoro che non gli piace, pur di pagare l'affitto della casa malandata in cui vive insieme al coinquilino Francesco, che si nutre di playstation e cinema.
Nell'esistenza instabile di Matteo, che ha rotto con la fidanzata Valentina, ormai dedita solo alla sua carriera di medico, entrano due nuove figure femminili, che affascinano il protagonista in maniera completamente opposta.
Se la bella Angelica è una donna in carriera, razionale e sofisticata, Beatrice è un'aspirante supplente, semplice e passionale.
La scelta di Matteo tra le due donne è anche una metafora della vita del precario, costretto a dover decidere se è giusto seguire i sogni e le passioni, oppure cambiare modo di essere, pur di aderire alla società.

Generazione 1000 euro è un film che senza troppe pretese ci offre un panorama sulla situazione dei giovani d'oggi, presentando anche qualche spunto comico, che lo rende ancor più gradevole.

Unica pecca: l'amore vince sempre su tutto, ma è davvero così nella vita reale?

giovedì 29 ottobre 2009

Simone Cristicchi - Laureata precaria

Ho scoperto ieri questa canzone di Simone Cristicchi tratto dall'album Dall'altra parte del cancello (2007)
e mi sembra significativa per i temi del nostro blog. Buon ascolto!


Laureata precaria,
con lo zaino pieno di progetti un po campati in aria,
è il secondo tempo della storia,
di una studentessa universitaria.

Tesi di laurea col pancione
110 e lode con i complimenti della commissione
brava, hai fatto un figurone
ma è proprio adesso che per te si complica la situazione.
Ricordi di quel giorno coi parenti in visibilio
non come adesso che consegni pizza a domicilio, nel quartiere
che vita grama...
ritorni a casa infreddolita
e il frigorifero è il deserto del Sahara.

Ti chiedi
Perchè non sono nata miliardaria?.
Lo vedi
Del tuo monolocale non sei propretaria.
Accenderesti un mutuo se firmasse un genitore,
appendi il tuo diploma in scienze della disoccupazione.

Mi hanno fatto un bel contratto co.co.pro,
anche se cosa vuol dire non lo so,
so solo che io da domani un posto di lavoro avrò,
con uno stipendio misero io me la caverò.

Laureata precaria,
con lo zaino pieno di progetti un po' campati in aria,
e con la rabbia rivoluzionaria
di una studentessa universitaria.

Laureata precaria,
che rispecchi fedelmente questa deprimente Italia,
sogni una carriera straordinaria
ora prendi 400 euro al mese come segretaria.

Ci vuole un bel coraggio,
se fai volantinaggio,
a maggio, con lo svantaggio dei problemi
che puo darti un vecchio motorino della piaggio,
che si inchioda senza approdo
poco prima che comincia il viaggio.

Se per disperazione, urli,
qui nessuno sente,
è come fare la centralinsta in un call-center...
part-time... meglio di niente
risolvere faccende della gente
che chiama e poi ti offende.
Chi somiglia a quest'Italia
confinata dall'impero?
Sembra un porta borse inutile che bussa a un ministero,
ma nessuno gli risponde...
d'altronde sarebbe come infilare un paio di bermuda ad un bisonte.

Mi hanno fatto un bel contratto co.co.pro,
anche se cosa vuol dire non lo so,
so solo che io da domani un posto di lavoro avrò,
con uno misero stipendio a fine mese io arriverò.

Laureata precaria,
con lo zaino pieno di progetti un po' campati in aria,
forse era una vita meno amara,
quando eri studentessa universitaria.

Laureata precaria,
che rispecchi fedelmente questa deprimente Italia,
sogni una carriera straordinaria
ora prendi 400 euro al mese come segretaria.

Laureata precaria....
laureata precaria....
laureata precaria.

mercoledì 28 ottobre 2009

Uno nuovo sguardo su Roma. Riapre Vigna Barberini


Chiusa dal 1909, Vigna Barberini, magnifica terrazza verde sul Palatino, riapre al pubblico dal 26 ottobre.

Con un solo biglietto, che comprende la visita dei Fori, del Colosseo e la mappa dei monumenti, si potrà godere di uno dei più bei panorami su Roma Antica e Moderna, nonchè ammirare gli scavi che hanno portato alla luce la sala da pranzo girevole di Nerone e il tempio del dio Sole, eretto da Elagabalo nel III secolo d.C.

La Vigna si trova nell'angolo del Palatino immediatamente sopra all'arco di Costantino e al Colosseo. Vi si accede salendo un clivio dall'arco di Tito e appena giunti, la vista spazia tra le tante cupole di Roma, da San Gregorio al Celio al retro di San Giovanni in Laterano, di cui si intravedono le statue, dal Tempio di Venere all'imponente Basilica di Massenzio, dai Fori al Campidoglio e alla basilica dell'Ara Coeli, dalla mole del Colosseo a quella del Vittoriano.

Oltre al panorama, la Vigna contiene anche alcune preziose testimonianze di Roma antica. Qui sorgeva infatti parte del palazzo di Domiziano (81-96 d.C.), oggi interrato per ragioni di sicurezza, ed anche i giardini di Adone, di cui restano parecchi vasi, sempre appartenenti al palazzo Flavio, dove pare che l'imperatore abbia incontrato il filosofo e taumaturgo Apollonio di Tyana.

Al centro della terrazza si trova poi il basamento dell'Elagabalium, tempio del dio Sole edificato in età severiana dall'imperatore Elagabalo (218-222 d.C.) che cercava di imporre a Roma il culto del suo dio di origine orientale. Nel tempio aveva fatto riunire i simboli più sacri della religione romana: il Palladio, il fuoco di Vesta, gli scudi dei Salii e il simulacro di Cibele.

Vi sono poi le chiesa di S. Sebastiano e di San Bonaventura. La prima, originaria del X secolo, venne  rimaneggiata in epoca barocca e sorge sull'antica zona del Palladio (tempio dove veniva conservato il simulacro di Atena, che secondo la leggenda, Enea aveva portato con sè durante la fuga da Troia). La seconda è del 1675 e si innalza sui resti degli edifici imperiali e su di una cisterna che alimentava non solo i palazzi, ma anche le terme severiane.

Proseguendo la visita si incontrano degli scavi che probabilmente appartengono alla sala da pranzo girevole di Nerone (54-68 d.C.), la "paecipua coenatio rotunda", che come ci racconta Svetonio, l'imperatore aveva fatto costruire all'interno della Domus Aurea per imitare il movimento della Terra e per meravigliare i suoi ospiti.
I resti, sui quali gli archeologi continuano a lavorare, per rafforzare l'ipotesi neroniana, sono meccanismi giganteschi che probabilmente servivano al movimento di pavimenti di legno a più livelli. Attualmente si intravedono un ambiente a forma circolare e un pilone centrale a cui si collegano una serie di archi.
A suffragio della teoria neroniana c'è anche il fatto che da questa zona del Palatino si godeva di una vista magnifica sul laghetto che sorgeva nella vallata dove ora è ubicato il Colosseo.

Ma per saperne di più gli studiosi continuano a scavare, grazie ad un nuovo stanziameno di fondi,  in modo da riuscire a portare in luce gran parte di questa straordinaria architettura, che gli archeologi cecavano da tempo, ma forse erroneamente sul Colle Oppio, nell'altra porzione della gigantesca Domus di Nerone.


Se avete la fortuna di andare a Roma non fatevi sfuggire l'occasione di una visita.
La nostra Italia gode di un patrimonio storico e artistico dal valore inestimabile, gli stranieri lo sanno, noi, purtroppo, tante volte ce lo dimentichiamo.



martedì 27 ottobre 2009

La buona notizia che viene dal mare

La buona notizia di oggi viene dal canale di Sicilia. 

I 300 migranti sono stati recuperati dalle unità italiane del porto di Pozzallo (Ragusa), un solo morto, qualche ferito, ma la tragedia è stata evitata.

Intanto la magistratura indaga sul comportamento dei maltesi e sul loro mancato intervento.
Da La Valletta sostengono sia che il primo soccorso dovesse spettare agli italiani, sia che i clandestini si siano rifiutati di essere trasbordati dal pattuglione di Malta, il loro obiettivo era arrivare in Italia.

Sarà vero?

Quello che è certo è che se il fenomeno dell'immigrazione non si può fermare, come non si possono fermare la fame e le guerre, nè cancellare le responsabilità storiche dell'Occidente nei confronti dell'Africa, sarebbe però giusto che non fosse un solo paese a farsene carico, mentre gli altri, troppo spesso se ne lavano le mani.

«L'Italia come sempre ha fatto tutto il suo dovere», ha dichiarato il Ministro degli Esteri Frattini, che ha sottolineato che l'Ue ha accolto «quasi tutte le richieste italiane» sulla questione dell'immigrazione.

Lo speriamo tutti! Solo un fronte comune e regolato può in qualche modo arginare se non le cause, almeno gli effetti devastanti dell'immigrazione ed evitare che i viaggi della speranza si trasformino in odissee da incubo, come poteva succedere in questi giorni in quel maledetto tratto di mare, che è di tutti, ma non è di nessuno.

lunedì 26 ottobre 2009

Clandestino...

Rimaniamo sul tema della nostra riflessione quotidiana.

Dedicato a tutti quelli che
possono solo ricordare la loro terra...



La precarietà della vita

Mentre noi ci lamentiamo della mancanza di lavoro, mentre assistiamo ai soliti scandali dei nostri leader, che tra escort, transessuali e prostitute danno sfogo ai loro vizietti, mentre c'è chi festeggia la vittoria alle primarie, mentre gli italiani trepidano per la messa in onda dell'ennessimo reality-show, c'è chi lotta disperatamente per la vita.

Già anche la vita stessa è precaria se sei nato in Somalia o in Eritrea e sei costretto ad affidare tutte le tue speranze nelle mani di scafisti senza scrupoli, traghettatori infernali di anime, che lucrano sulle disgrazie umane.

E non è nemmeno detto che si raggiunga l'altra sponda. Come succede oggi ai duecento migranti, uomini, donne e bambini, che si trovano da 5 giorni in balia della mareggiata tra Malta e l'Italia, ma che nessuno vuole salvare. Per i maltesi l'imbarcazione è in acque libiche, per gli italiani in quelle maltesi e le autorità continuano a rilanciarsi la palla, senza fare nulla per evitare l'ennesima tragedia del mare.

Se si tratta di staccare la spina a chi è in coma vegetativo da vent'anni sono tutti pronti a difendere il diritto alla vita, ma se si tratta di salvare duecento persone dalla minaccia di una morte terribile, non c'è nessuno disposto a farlo.
Allora qual'è la discriminante? Il colore della pelle? Pare di sì.

La legge della vita NON è uguale per tutti. 

Alcuni hanno più diritto a vivere di altri, soprattutto se sono nati in Occidente.

venerdì 23 ottobre 2009

Una vita da precario

 Dedicata a tutti gli amici precari, buona giornata!!!


giovedì 22 ottobre 2009

Precariato...Lei è troppo qualificato!

Una bella giornata al Centro per l'impiego!
Dopo aver preso la laurea triennale, la specialistica e un master e dopo aver insegnato per un anno, raccimolando qualche punto per gradutorie stracolme di docenti, chi come me ha scelto l'università per passione e cultura si trova simpaticamente disoccupato. 
Si inviano curriculum a destra e a manca, si sostengono esami, colloqui, prove, si tentano tutte le strade possibili e impossibili e alla fine ci si iscrive al Centro per l'impiego della propria provincia.

Il personale è molto gentile e disponibile, perfino dispiaciuto per la siuazione del nostro paese e ti dicono:
"Purtroppo in Italia la cultura non paga"
Vero, verissimo. E così al giovane precario si offrono poche alternative: le aziende non lo assumeranno mai per mansioni semplici: "Lei è troppo qualificato!" e gli imprenditori non vogliono persone che si possano lamentare di una manisone dequalificante e dequalificata, quindi si viene letteralmente squalificati dal mondo del lavoro.

E allora? O ci si butta nelle braccia del primo offerente per un bel tirocinio, a gratis, ma si spera rimborsato e si spera anhe di venire assunti dopo, per non trovarsi nella situazione iniziale, oppure meglio guardare all'estero.

Sì, purtroppo è così. E con rammarico gli operatori del Centro per l'impiego ti suggeriscono caldamente di cambiare paese e molto probabilmente hanno ragione! Ma non vi pare ingiusto che le altre nazioni europee investano parte del loro PIL per l'istruzione e la ricerca, mentre in Italia la gente si trovi costretta a fuggire?


mercoledì 21 ottobre 2009

SperdutaMente

Benvenuti su SperdutaMente, confessioni di una mente sperduta.

Sperduta perchè?

Perchè è sempre più difficile avere 25 anni e sognare un mondo migliore, quando non si ha lavoro dopo aver tanto studiato e faticato, quando gli ideali e tutto ciò in cui hai creduto iniziano a spegnersi e lasciare posto alla cruda realtà, quando vedi che il tuo paese è in mano a buffoni, show-girl ed arrivisti, che non faranno nulla per migliorare la situazione, quando tutto sembra perdere senso... è strano, ma si continua a cercare un senso.

"Voglio trovare un senso a questa vita,
anche se questa vita un senso non ce l'ha"

purtoppo quando Vasco cantava "Un Senso" aveva ragione...

Vi lascio con una bella poesia di Montale, sempre sulla ricerca di un "perduto senso":

Personae Separatae

Come la scaglia d’oro che si spicca
dal fondo oscuro e liquefatta cola
nel corridoio dei carrubi ormai
ischeletriti, così pure noi
persone separate per lo sguardo
d’un altro? E’ poca cosa la parola,
poca cosa lo spazio in questi crudi
noviluni annebbiati: ciò che manca,
e che ci torce il cuore e qui m’attarda
tra gli alberi ad attenderti, è un perduto
senso, o il fuoco, se vuoi, che a terra stampi,
figure parallele, ombre concordi,
aste di un sol quadrante i nuovi tronchi
delle radure e colmi anche le cave
ceppaie, nido alle formiche. Troppo
straziato è il bosco umano, troppo sorda
quella voce perenne, troppo ansioso
lo squarcio che si sbiocca sui nevati
gioghi di Lunigiana. La tua forma
passò di qui, si riposò sul riano
tra le nasse atterrate, poi si sciolse
come un sospiro, intorno - e ivi non era
l’orror che fiotta, in te la luce ancora
trovava luce, oggi non più che al giorno
primo già annotta.

(E. Montale, La Bufera e altro)