
Già anche la vita stessa è precaria se sei nato in Somalia o in Eritrea e sei costretto ad affidare tutte le tue speranze nelle mani di scafisti senza scrupoli, traghettatori infernali di anime, che lucrano sulle disgrazie umane.
E non è nemmeno detto che si raggiunga l'altra sponda. Come succede oggi ai duecento migranti, uomini, donne e bambini, che si trovano da 5 giorni in balia della mareggiata tra Malta e l'Italia, ma che nessuno vuole salvare. Per i maltesi l'imbarcazione è in acque libiche, per gli italiani in quelle maltesi e le autorità continuano a rilanciarsi la palla, senza fare nulla per evitare l'ennesima tragedia del mare.
Se si tratta di staccare la spina a chi è in coma vegetativo da vent'anni sono tutti pronti a difendere il diritto alla vita, ma se si tratta di salvare duecento persone dalla minaccia di una morte terribile, non c'è nessuno disposto a farlo.
Allora qual'è la discriminante? Il colore della pelle? Pare di sì.
La legge della vita NON è uguale per tutti.
Alcuni hanno più diritto a vivere di altri, soprattutto se sono nati in Occidente.
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