lunedì 26 ottobre 2009

La precarietà della vita

Mentre noi ci lamentiamo della mancanza di lavoro, mentre assistiamo ai soliti scandali dei nostri leader, che tra escort, transessuali e prostitute danno sfogo ai loro vizietti, mentre c'è chi festeggia la vittoria alle primarie, mentre gli italiani trepidano per la messa in onda dell'ennessimo reality-show, c'è chi lotta disperatamente per la vita.

Già anche la vita stessa è precaria se sei nato in Somalia o in Eritrea e sei costretto ad affidare tutte le tue speranze nelle mani di scafisti senza scrupoli, traghettatori infernali di anime, che lucrano sulle disgrazie umane.

E non è nemmeno detto che si raggiunga l'altra sponda. Come succede oggi ai duecento migranti, uomini, donne e bambini, che si trovano da 5 giorni in balia della mareggiata tra Malta e l'Italia, ma che nessuno vuole salvare. Per i maltesi l'imbarcazione è in acque libiche, per gli italiani in quelle maltesi e le autorità continuano a rilanciarsi la palla, senza fare nulla per evitare l'ennesima tragedia del mare.

Se si tratta di staccare la spina a chi è in coma vegetativo da vent'anni sono tutti pronti a difendere il diritto alla vita, ma se si tratta di salvare duecento persone dalla minaccia di una morte terribile, non c'è nessuno disposto a farlo.
Allora qual'è la discriminante? Il colore della pelle? Pare di sì.

La legge della vita NON è uguale per tutti. 

Alcuni hanno più diritto a vivere di altri, soprattutto se sono nati in Occidente.

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