lunedì 30 novembre 2009

La paura del diverso: sempre più razzismo

Le notizie razziste si moltiplicano. Dall'Italia e dall'Europa si scatenano odio e paura del diverso.

Bambolotti neri appesi come crocifissi davanti alle mostre d'arte, gruppi xenofobi spopolano su facebook incitando all'odio razziale, alla violenza e alla discriminazione nei confronti di zingari, nomadi e immigrati, la Svizzera, paese neutrale per antonomasia si schiera in maggioranza netta contro la costruzione dei minareti, mentre in Italia la Lega propone di inserire la croce sul  tricolore.

Queste sono solo alcune delle notizie sconcertanti che troviamo sui quotidiani di oggi, notizie che denotano sempre più l'intolleranza verso gli altri, verso culture differenti dalle nostre e verso tutto ciò che sembra minare la nostra identità, senza capire che le differenze non sono un pericolo, ma una possibilità di arricchimento e che l'unico modo per mantenere le proprie radici senza accendere i conflitti è attraverso l'integrazione.

Ormai viviamo in una società globalizzata e multietnica, come tutti possiamo constatare ogni giorno uscendo per strada. I confini non sono più quelli di una nazione o di un territorio, ma solo quelli culturali e sociali, che sono ben più difficili da abbattere rispetto a quelli fisici. E' inutile continuare a prendersela con l'ultimo arrivato caricandolo di tutti i mali della nostra società, gli atteggiamenti di odio e violenza dimostrano soltanto l'incapacità di affrontare la paura di qualcosa che non conosciamo.
Ma prima di inneggiare alla supremazia bianca, sarebbe bene imparare a conoscere ciò che è diverso da noi, che non sta venendo a minacciare l'identità culturale di una nazione, ma ad arricchirla, contribuendo con la sua.

Non voglio fare del buonismo, certamente ci sono immigrati criminali, così come ci sono italiani criminali e infatti ci vorrebbe sicuramente una legge sull'immigrazione capace di immettere solo chi se lo merita con il lavoro e con un comportamento socialemente accettabile.
Ma l'atteggiamento che dilaga sempre più è invece quello di fare di tutta l'erba un fascio ed è facile, soprattutto in tempi di crisi, prendersela con i diversi e i più deboli.

Ricordiamoci di cosa accadde nella Germania nazista e di come la società riuscì a liberarsi dal peso della crisi economica, solo schierandosi in massa contro tutti quegli elementi della società considerati apportatori di ogni  male: ebrei, zingari, gay ecc. Come andò a finire lo sappiamo tutti...

Se non vogliamo ripercorrere gli orrori della storia cerchiamo di instaurare un dialogo e imparare a conoscere il diverso, prima di averne paura e dare avvio ad una caccia alle streghe indiscriminata.

venerdì 27 novembre 2009

Il lamento del precario

Precari. Basta lamentarsi, iniziamo a proporre!

Una critica che si può fare alla nostra generazione è che tendiamo a lamentarci di tutto senza mai proporre niente.
Siamo precari, lo sappiamo, eppure, non riusciamo a cambiare la nostra situazione. Aspettiamo che cada il governo, che un nuovo movimento politico stanzi dei fondi per i giovani, che il lavoro ci piova dal cielo o che i nostri capi decidano di assumerci a tempo indeterminato, perchè siamo troppo bravi.

Ma le cose non cambiano, anzi peggiorano continuamente, ogni legge che passa ci affossa sempre di più e noi, più che scendere in piazza qualche volta, cosa di cui non frega niente a nessuno, non siamo capaci.
Già perchè purtroppo non siamo capaci di essere solidali, questo è il vero problema del precariato in Italia. Accettiamo qualsiasi lavoro, con qualsiasi contratto perchè abbiamo la consapevolezza che rifiutando ci sarà già pronto qualcun altro a portarci via il posto, qualcuno che accetterà passivamente qualsiasi condizione, vanificando ogni tipo di protesta o dissenso...

E' l'era dell'individualismo, ognuno pensa a se stesso e chissene importa degli altri, che provano a cambiare le cose anche per noi? L'importante è andare avanti comunque, pur lamentandosi...

Perchè in Francia qualche anno fa la legge sul precariato non è passata? Perchè c'è stato un vero fronte comune, i lavoratori, gli studenti, gli operai hanno davvero bloccato il paese, combattevano uniti per un ideale, cosa che purtroppo pare manchi ai giovani italiani di oggi. Siamo divisi dalla società e dalla politica e siamo davvero incapaci di provare a cambiare una situazione che scontiamo ogni giorno sulla nostra pelle, noi, che abbiamo studiato più dei nostri capi, noi, che abbiamo le conoscenze e le competenze per far funzionare meglio le cose, noi, che abbiamo idee e progetti che nessuno ascolterà.

Se le generazioni che ci hanno preceduto hanno avuto più fortuna è perchè hanno combattuto per quello in cui credevano e sono riusciti ad ottenerlo. Si vive una volta sola e noi vivremo precariamente e individualmente, repressi, insoddisfatti e privi persino della volontà di cambiare.

Con il precariato non ci stiamo giocando solo il lavoro, ma la felicità e la vita.
Siamo proprio sicuri di non essere in grado di cambiare le cose?

mercoledì 25 novembre 2009

Una Robin Hood nella banca di Bonn


Rubare ai ricchi per dare ai poveri.
Dalla foresta di Sherwood a Bonn, Robin Hood si veste in gonnella.

R.B. 62enne di Bonn era la direttrice di una filiale di un'importante banca tedesca ed in meno di due anni ha trasferito con mezzi illeciti circa 7,6 milioni di euro, per impedire che i clienti in difficoltà pagassero gli interessi passivi sui loro conti in rosso.

Per sè non ha tenuto un euro, lo faceva per puro altruismo, senza nemmeno informare i beneficiari della truffa.
Il trucco era semplice, siccome i controlli automatici non avvenivano in contemporanea, la donna trasferiva momentaneamente dai conti dei ricchi una cifra su quella dei più poveri, in modo da bypassare il sistema di controllo e da impedire il pagamento degli interessi passivi. Poi le somme venivano rispostate sui conti originari. Chi ci rimetteva era solo la banca, che non incassava l'interesse sui conti scoperti.


La benefattrice dei deboli è però stata scoperta a seguito delle domande di un cliente, che chiedeva quale fosse la percentuale da pagare per il suo conto in rosso. Ma sentendosi dire che il suo conto era in attivo, l'uomo ha chiesto accertamenti, e così sono stati individuati ben 117 casi in cui la donna avrebbe usato il trucchetto.

R.B. è stata licenziata, condannata a 22 mesi di carcere con la condizionale e ad un'ammenda di 1 milione di euro, cifra che difficilmente riuscirà a pagare con i pochi soldi della pensione.
Ai giudici ha detto di averlo fatto solo per eccesso di altruismo, una solidarietà verso i deboli, nessuna psicosi, forse è solo affetta dalla sindrome di Robin Hood.

Morale della favola: ce ne fossero donne con R.B.!

Da noi purtroppo i ladri onesti vanno in galera, quelli disonesti diventano premier.

martedì 24 novembre 2009

Pausa pranzo? Una ritualità che blocca l'Italia


Queste le parole del ministro per l'Attuazione del programma di governo Gianfranco Rotondi, secondo cui la pausa pranzo si trova proprio a cavallo delle ore più produttive.

"Non ho fatto nessuna proposta di abolire questa pausa, ho solo detto che io l'ho abolita da vent'anni".E poi inisiste attaccando i deputati della Camera, che svuotano l'aula tra le 14 e le 16 per recarsi alla bouvette di Montecitorio, rallentando le sedute, che al Parlamento europeo, invece, sono continue.

L'affermazione del ministro ha scatenato l'ira dell'opposizione, dei sindacati e dei nutrizionisti.
Chi l'ha definita una barzelletta, chi lo vede come l'ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori, chi sostiene la necessità di un apporto nutritivo, nonchè di uno stacco breve che rigeneri il corpo e lo spirito.

E' vero che in Europa la pausa non si fa a metà giornata, ma è anche vero che le abitudini alimentari di inglesi, tedeschi e olandesi son ben diverse dalle nostre: colazione ricca e abbondante, che apporta calorie sufficienti per resistere un maggior numero di ore senza mangiare. In Italia, dove la colazione è leggera e spesso assente è importante, per non avere crisi ipoglicemiche, pranzare a metà giornata. E poi 30 minuti di pausa sono necessari sia per staccare, che per rimettersi al lavoro con maggiore serenità. La pausa ad ogni modo esiste in tutta Europa, in Germania è di 30 minuti, nel Regno Unito di 29, mentre in Francia si hanno 20 minuti ogni 6 ore di lavoro.

Si potrebbe capire un'idea del genere, se anche l'Italia avesse l'abitudine della siesta come la Spagna, riposo pomeridiano, che è stato abolito qualche anno fa dal governo Zapatero per mettersi in linea con l'Europa e adeguare l'orario di lavoro (9-18) a quello degli altri paesi con pausa dalle 13 alle 14.

Ma in Italia, dove la pausa media è di 30 minuti, pensare di abolirla per una maggiore produttività è veramente una barzelletta. E non solo. Siamo anche uno dei paesi con l'alimentazione più sana del continente, con meno problemi di colesterolo e trigliceridi proprio perchè la nostra dieta è più equilibrata rispetto a quella degli altri paesi europei. Abolire la pausa o renderla una scelta forzata sarebbe improduttivo, siamo persone, non robot, è impossibile lavorare 8 ore di seguito senza poter scambiare due chiacchiere con un collega mentre si mangia un panino.

Quale sarà la prossima proposta? Non si potrà nemmeno più andare in bagno, perchè improduttivo?

Caro Ministro, a lei che ha abolito la pausa da vent'anni, consiglio di mangiarsi un bel panino, forse con un apporto di carboidrati anche il suo cervello ne trarrà giovamento.

lunedì 23 novembre 2009

Carceri che scoppiano, proteste e proposte


Le nostre carceri sono sempre più sovraffollate, insorgono detenuti e agenti di polizia penitenziaria.

Genova e Lucca sono le città capofila da cui parte la protesta. A Marassi alle 23.50 di sabato è stato sventato un tentativo di suicidio, un detenuto ha provato a togliersi la vita con un sacchetto di plastica in cui confluiva gas emanato da una bomboletta per fornellini. L'uomo, dopo essersi ripreso, ha sostenuto che il suo gesto voleva essere una protesta contro le condizione detentive.

A Marassi infatti su 430 posti letto ci sono ben 780 detenuti e mancano 165 agenti, mentre a Lucca ci sono 200 detenuti per 80 posti e 40 agenti in meno. Da venerdì sono partite rumorose proteste e adesso i sindacati, tra cui il Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) chiedono al ministro Alfano 5000 nuove assunzioni per far fronte alla situazione italiana, con 66 mila detenuti per 42.000 posti.

Le proposte riguardano anche l'uso del braccialetto elettronico e la possibilità di creare carceri più leggere per i soggetti che provengono dalla libertà, anche con strutture come centri di identificazione ed espulsione che non sono ancora operative, nonchè depenalizzare i reati minori.

In attesa che si risolvano i problemi di sovraffolamento ci si pone una domanda. Perchè se l'Italia ha un così grande numero di detenuti questi ultimi vengono tenuti chiusi nelle carceri anzichè destinarli a lavori socialmente utili?
Visto che sono le nostre tasse a pagare il mantenimento dei penitenziari, perchè non si studia un sistema per cui alcuni detenuti, certamente muniti di braccialetto elettronico e sorvegliati, possano per esempio pulire i parchi e le spiagge?
Sarebbe certamente un lavoro utile sia per loro, che per noi e soprattutto per l'ambiente.
Continuare a stipare gente dentro le carceri sembra assurdo, anche perchè come si è visto, non solo sono precarie le condizioni, ma anche la vita stessa, vedi il caso Cucchi.
Se la riabilitazione, chiaramente per chi se l'è meritata, potesse avvenire, grazie ad una sorta di riscatto sociale, redimendo la colpa contro la società tramite una specie di "volontariato" forse si potrebbero auspicare situazioni migliori.

venerdì 20 novembre 2009

Buongiorno Italia, buongiorno italiani


Buongiorno Italia, buongiorno italiani,
buongiorno al Premier che prescrive i suoi processi,
buongiorno al ministro che con forbici tra le mani,
taglia gli sprechi e fa i conti con gli eccessi,
buongiorno a lei ministra dell'istruzione,
che riforma scuola e università,
lasciando agli studenti l'illusione,
di un futuro che non verrà.
Buongiorno a te, giovane precario,
che anche oggi combatti la tua battaglia
per sbarcare il lunario.
Posto fisso? Un fuoco di paglia.
Buongiorno anche a voi dell'opposizione,
che anzichè contestare,
vi schierate dalla parte del padrone.
Buongiorno al leghista e al clandestino,
a chi condanna l'immigrazione,
e a chi fugge dalla miseria del suo destino.
Buongiorno a te, che leggi questa poesia,
che ti faccia sorridere,
amen e così sia.


giovedì 19 novembre 2009

White Chistmas? Ma anche no.


Ecco l'ennesima notizia razzista che viene dal nostro Bel Paese.
Mentre in Parlamento passa la legge sulla privatizzazione dell'acqua, il decreto salva-precari, che anzichè salvare, crea una splendida guerra tra poveri per il posto di lavoro, da Coccaglio (BS) ci giunge la grande idea di un Bianco Natale.

Ma non aspettatevi una bella nevicata, nè festeggiamenti tradizionali in base al principio di fratellanza e carità, no White Christmas è il progetto del sindaco e dei suoi amministratori leghisti di cacciare da Coccaglio tutti gli immigrati irregolari e rispedirli al proprio paese d'origine, via i neri, per un bel Natale Bianco.

Ora non solo l'idea del Sindaco è razzista e xenofoba, ma per di più sfruttare il clima natalizio, che dovrebbe essere di tolleranza e solidarietà per espellere i clandestini è qualcosa di veramente turpe e truce.
"Natale non è la festa dell'accoglienza ma della tradizione cristiana" afferma l'assessore alla sicurezza. Bene allora mi vergogno della mia tradizione e di vivere in un paese che fa dichiarazioni del genere, discriminando le persone in base alla presunta appartenenza ad una razza.

E' possbile cacciare via i più bisognosi proprio a Natale, quando si festeggia la nascita di Gesù in una grotta,  perchè nessun albergo voleva ospitare Giuseppe e Maria?
E' possibile strumentalizzare il Natale e la difesa del cristianesimo, che cristianesimo non è, perchè interpretato secondo i propri comodi?

Sì, in Italia è possibile anche questo.
Con gli auguri di un buon Natale, che non sia nè bianco, nè nero, nè giallo, ma che porti un po' di razionalità ai nostri governanti.

mercoledì 18 novembre 2009

Scuola: meno sostegno, ma più disabili


Tra i tanti tagli che quest'anno ha subito la scuola, c'è anche quello sugli insegnanti di sostegno.
Circa 500 in meno, a fronte del crescente numero di ragazzi disabili iscritti nei nostri istituti: più di 4000 nell' a.s. 2009/2010, che perdono pian piano i loro diritti.

Ore di sostegno dimezzate da 18 a 9, la perdita di un riferimento psicologico, la mancata assistenza anche per andare ai servizi, la concentrazione in una classe di addirittura 5 ragazzi disabili, quando 2 è il numero massimo accettabile per avere un buon livello di andamento di tutti, normodotati e non, con un ritorno verso le classi differenziali, in cui i diversamente abili vengono riuniti, per toglierli dalla confusione delle aule, ma al contempo per ecluderli anzichè integrarli.

Da tutta Italia le famiglie dei ragazzi disabili hanno presentato proteste al Tar, è impensabile che si stanzino così pochi fondi nei confronti dei portatori di handicap, che per di più vedono gettati in fumo tutti i loro progressi. Infatti ogni piccolo traguardo raggiunto da un ragazzo disabile è conquistato con sforzi e fatiche che devono essere costanti e mantenuti, se viene meno il sostegno anche i progressi, non solo mancano, ma regrediscono.

Le riforme del ministro Gelmini stanno penalizzando davvero tutti, studenti, insegnanti e persino i disabili. Ma è questo che vogliamo dalla nostra scuola?

martedì 17 novembre 2009

La repubblica delle banane


Oggi in occasione della Giornata Internazionale per il diritto allo studio, mentre a Bruxelles si sta tenendo un'assemblea studentesca internazionale con 150 studenti provenienti da tutta Europa e delegazioni da altri continenti, nelle città italiane si sono svolte numerose manifestazioni contro la politica del ministro Gelmini nel'ambito della scuola, dell' università e della ricerca.

Gli studenti dell'Accademia di Roma protestano con in mano grappoli di banane, chiedono l'annessione all'Africa, dal momento che il nostro paese non investe nei saperi, ma anzi taglia i fondi e le risorse.
Siamo la Repubblica delle banane, anzichè progredire stiamo tornando al Medioevo, verso una società dove la cultura è sempre meno accessibile e negata.

Studenti delle superiori, dell'università, delle accademie, insieme ai precari della ricerca si mobilitano dal nord a sud, da Milano a Bari, da Trieste a Palermo, contestando il disegno legge sulla riforma universitaria già approvato dal Consiglio dei Ministri, che secondo i manifestanti punterebbe a una svendita dell'università ai privati.
 
"Il futuro è nostro, riprendiamocelo!" questo è il grido unisono che lanciano i nostri studenti i quali chiedono un maggiore stanziamento di fondi nell'istruzione, per una scuola accessibile a tutti, che promuova il sapere e non diventi sempre più dequalificata e dequalificante in mano a enti privati.

La Gelmini risponde alle proteste dicendo che i centri sociali non rappresentano gli studenti, e sostiene che i partecipanti alle manifestazioni hanno tirato fuori slogan degli anni '70 ormai superati e che anche i ragazzi vogliono una scuola che li prepari al lavoro e non un luogo di indottrinamento ideologico.
 
Peccato che alle proteste non fossero presenti solo i giovani dei centri sociali, ma migliaia di studenti, che vedono futuro e cultura negata dalla nuova legge che sta per passare.
L'Onda si sta riformando e gli studenti promettono un altro autunno caldo, una lunga battaglia per la cultura ed il sapere, che come dicono non è in vendita. "EDUCATION IS NOT FOR SALE".

Staremo a vedere. Dalla Repubblica delle Banane per oggi è tutto. Passo e chiudo.

lunedì 16 novembre 2009

Dall'oro nero all'oro blu: giù le mani dall'acqua!


Giù le mani dall'acqua! Così protestano i manifestanti davanti a Montecitorio, contro la legge che vuole rendere l'acqua, bene comune e indispensabile alla vita, una merce da privatizzare.

Oggi, infatti, approda alla Camera il decreto sugli obblighi comunitari (135/09), che include all'art. 15 la gestione privata dell'acqua.
La maggioranza è decisa a portare avanti la proposta, nonostante i sit-in organizzati da ambientalisti e associazioni dei consumatori, tra cui il FIME (Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua) che dichiara "L'acqua è un diritto umano" e organizza una manifestazione nazionale.

Il Pdl si difende dalle accuse, sostenendo che la riforma sia utile per mettersi in linea con le normative europee, mentre l'Idv ribatte che non è stata nemmeno presa in considerazione la proposta di legge di iniziativa popolare, firmata da 500.000 cittadini per ripubblicizzare il servzio idrico, proprio come è stato fatto in Puglia.

Insomma sul fronte dell'acqua è guerra aperta. Se da un lato il governo è intenzionato a privatizzare, con conseguente aumento dei costi per i consumatori (solo nel 2008 +5,4% dove l'acqua è in mano ai privati con picchi del 61,4% tra il 1997 e il 2006), la società civile si mobilita: l'acqua non è un bene su cui si può lucrare, deve essere affidata agli enti locali.

L'acqua non è un bene inesauribile, lo sanno bene i privati, che, di fronte alla crisi globale per le risorse idriche, si schierano per accaparrarsene il dominio. Se ancora oggi nel mondo si combattono guerre per il petrolio, non c'è da stupirsi se tra una decina d'anni si combatterranno per l'acqua.
Prima che ci privatizzino anche l'aria che respiriamo, cerchiamo di tenerci stretto il nostro oro blu, attraverso una gestione pubblica, controllata e regolata.

Avranno pure trovato il ghiaccio sulla Luna, ma non basterà a placare la sete di 6 miliardi di persone che vivono sul nostro pianeta.

venerdì 13 novembre 2009

Un esercito di 8 milioni di precari


2 milioni per le cifre ufficiali, ma se si aggiungono i vari contratti a tempo e il lavoro nero arriviamo ad 8 milioni di italiani con un lavoro instabile e un futuro ancora più grigio. Un settimo della popolazione, un esercito.

Dai 20 ai 40 anni, operai, infermieri, commesse, ingegneri, insegnanti intrappolati nella giungla dei contratti a tempo, costretti a lavorare in nero, sfruttati da una società che non offre nè diritti nè garanzie e nemmeno un futuro. Chi fa due lavori, chi è costretto a cambiare occupazione di continuo, chi lavora completamente in nero, chi aspetta un impiego per sei mesi e chi ha perso ormai anche quella speranza.

Persino le agenzie interinali, criticate sul nascere, perchè sembravano aumentare il lavoro precario e portare alla deregulation, adesso sono un miraggio per pochi, almeno lo stipendio è certo e pagato dall'agenzia e il contratto è regolato. Ma ai datori di lavoro non piace, preferiscono la flessibilità totale, che gli permetta di fruire della collaborazione dell'impiegato senza troppi vincoli.

La maternità? un sogno a cui si deve rinunciare, le donne sono costrette a scegliere tra la famiglia e un'occupazione incerta e transitoria, se poi si decide di mettere al mondo un figlio è ancora peggio, senza tutele, nè sostegni, diventa impossibile pagare le rate del mutuo, i mobili e tutto il resto, il più delle volte si è costretti a tornare a casa dei genitori.

Davanti a questi dati prende letteralmente lo sconforto. Non solo ad 8 milioni di persone colpevoli solo di essere nate nel momento sbagliato, in piena crisi economica, viene negato il diritto fondamentale del lavoro, ma anche tutto quello per cui i nostri nonni e bisnonni hanno lottato, tutele e diritti: un orario di lavoro giusto, un salario adeguato, l'assicurazione, la malattia, la maternità e la pensione.
  
L' Art. 1 della nostra costituzione dice "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro" io direi che l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro precario.

giovedì 12 novembre 2009

Dal co.co.pro alla partita Iva: diventa imprenditore di te stesso


Non bastavano i danni dei Co.co.co e dei Co.co.pro a fare del lavoro precario in Italia non un'eccezione, ma la regola per svolgere il proprio mestiere, ora si aggiunge la beffa della partita iva.

Già, perchè la nuova tendenza del mercato del lavoro è quella di trasformare i dipendenti in imprenditori di se stessi attraverso la partita iva.

Cambiar tutto per non cambiar nulla. Infatti il lavoro, l'orario e il salario restano gli stessi, le aziende ci guadagnano risparmiando da un 25% ad un 33% e chi ci rimette? Certamente il giovane precario, costretto ad accettare la subdola manipolazione ed a perdere ogni diritto: assicurazione, pensione ed assistenza.

Grafici pubblicitari, web designer, redattori e persino segretarie sono letteralmente costretti ad accettare di diventare fornitori, vendere il proprio lavoro, come farebbe un'impresa, ma non a molte aziende, bensì ad una sola, quella da cui vengono scaricati come dipendenti.

Causa del fenomeno è certamente la crisi globale, per cui molte imprese, pur di sopravvivere sono costrette ad abbattere i costi a discapito di una generazione di trent'enni, carica di conoscenze e competenze che potrebbero, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, dare un input nuovo al mercato e indirizzare la società verso una nuova e più felice era post-industriale.

I sogni di una generazione sono infranti, schiavizzati e paralizzati da false promesse e falsi contratti.
Non lamentiamoci della crisi economica, nè se i nostri migliori cervelli fuggono all'estero, perchè il nostro paese non è in grado di offrire altro che una vita di precarietà, a meno che non ci si spogli in televisione o si vinca un terno al lotto.

mercoledì 11 novembre 2009

Un'altra morte in carcere


Parma. Giuseppe Saladino, 32 anni, muore dopo una notte in carcere.

Dopo la vicenda di Stefano Cucchi, della quale ancora si cercano spiegazioni,
ci troviamo di fronte ad un'altra notizia inquietante che viene dai nostri penitenziari.


Il trentaduenne Giuseppe Saladino, condannato agli arresti domiciliari per un anno e due mesi a causa di un furto di monetine dalle macchinette di un parcheggio, nel pomeriggio di venerdì scorso è uscito di casa, nonostante il divieto. Subito intercettato da una pattuglia della polizia è stato portato nel carcere di via Burla a Parma. Erano le 17.

Alle 8 del mattino successivo, la madre Rosa riceve la telefonata del direttore del penitenziario, che le comunica la morte del figlio avvenuta per un malore. Ma alla donna non basta e, decisa a far luce sulla fine di Giuseppe, si rivolge ad un avvocato per scoprire come è possibile che il ragazzo, sano al momento dell'arresto, sia morto nel giro di 15 ore. E' stato veramente un malore, o in quel lasso di tempo è successo qualcosa?

Giuseppe non era un santo, aveva rubato, violato i domiciliari e giustamente è stato arrestato. Le forze dell'ordine hanno fatto il loro dovere, l'importante è che non l'abbiano fatto fin troppo, condannando involontariamente alla morte un altro giovane.
Mentre i politici rubano miliardi e continuano allegramente a spassarsela, i poveri diavoli per qualche monetina ci rimettono la vita.

Con la speranza di fare chiarezza su questi casi vi lascio con una poesia di Raboni:

Per nessuna ragione,
sapendo quello che succede,
mi vorrei risvegliare in questo mondo.
Ma già pensandolo (pensando
di pensarlo) so anche
che non è vero, che per quanto
ignominioso sia il presente io mai
rinuncere, potendo scegliere,
a starci, magari di sghembo
e rattrappito d'amarezza, dentro.
Forse, mi dico allora,
non è per me che parlo, è qualcun altro,
nato da poco o nascituro,
ad agitarsi nel mio sonno, a premere
da chissà dove sul mio cuore,
a impastare parole col mio fiato...

(G. Raboni, Barlumi di storia)

martedì 10 novembre 2009

Il boom delle lezioni private

Oggi prendiamo spunto da un'inchiesta di Repubblica che denuncia il boom delle lezioni private.


http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/lezioni-private/lezioni-private/lezioni-private.html


Se è vero che le famiglie italiane sono pronte a spendere fino a 2000 euro l'anno per far ottenere la sufficienza ai propri figli e se è vero che la scuola fa poco o niente per creare corsi di recupero idonei a saldare i debiti delle diverse materie, è anche vero che spesso i ragazzi di oggi non sono pronti ad affrontare le difficoltà ed hanno bisogno di un sostegno.

Da insegnante precaria, nonchè di lezioni private, posso dire con certezza, che gran parte degli studenti di oggi è immatura, vuoi per colpa di un'educazione che dà tutto e subito, vuoi per la scuola, che è sempre più in decadimento ed ha strumenti inadeguati e obsoleti di insegnamento rispetto alla velocità con cui cambiano la società e le generazioni.

I giovani di oggi sono lo specchio del mondo in cui viviamo, hanno fretta, sono rapidi, abituati ad ottenere con poche difficoltà le cose di cui hanno bisogno e senza approfondire troppo.
E' difficile che riescano a stare attenti più di un'ora di seguito, anche nello studio a casa, le distrazioni sono estremamente frequenti e se manca la concentrazione e l'esercizio è impossibile acquisire un buon metodo di apprendimento. Ecco perchè si alimenta il mercato nero delle ripetizioni, ingiusto, certamente, perchè solo le famiglie abbienti possono permetterselo, ma tuttavia utile a questi ragazzi che hanno bisogno di un riferimento ad personam per acquisire un po' più di autonomia nello studio.

Mimmo Pantaleo, segretario nazionale di Cgil-Flc sostiene che "Il boom delle lezioni private è la prova che si sta destrutturando, pezzo dopo pezzo, il sistema pubblico. I corsi di recupero nelle scuole praticamente non ci sono più perché mancano i soldi per pagarli, gli insegnanti sono demotivati, l'idea vincente è che la scuola è tanto più seria quanto più boccia, mentre noi crediamo esattamente il contrario, e cioè che la missione culturale e educativa sia quella di portare quanti più studenti possibile alla fine del percorso. Invece, stiamo tornando a una scuola che esclude soprattutto i più deboli e i più svantaggiati."

D'accordo la missione educativa è sicuramente quella di aiutare i più deboli e sostenerli, ma non per questo bisogna promuovere tutti. Se il signor Pantaleo si trovasse realmente in una classe capirebbe perchè il boom delle lezioni private va in parallelo con il boom delle bocciature e non certo perchè si vuole fare una scuola più severa, ma perchè purtroppo attualmente il mondo della scuola e quello degli studenti parlano due linguaggi diversi e incomprensibili l'uno all'altro.

Mi trovo assolutamente d'accordo invece con Tilde Giani Gallino, esperta di psicologia evolutiva, secondo cui
"questi giovani (insegnanti privati) possono essere un modello per i ragazzini: sono più grandi di loro, ma non ancora adulti, entrano facilmente in comunicazione, si scambiano mail o notizie musicali... E c'è anche un altro messaggio: il ragazzo di 20 o 22 anni che viene a darti lezioni è qualcuno che ancora studia ma intanto lavora per rendersi autonomo, come anche tu potrai fare tra pochi anni".

Se lo Stato italiano investisse di più nell'istruzione e agevolasse quella massa di giovani precari davvero motivati e votati all'insegnamento (perchè l'insegnamento non è un lavoro, ma una missione) forse le cose potrebbero essere diverse e il doposcuola sarebbe un reale sostegno per le famiglie, non più costrette a fare i conti delle spese extra per la cultura dei propri figli; per i ragazzi, che avrebbero modo di essere seguiti e di apprendere non la materia, ma il metodo e persino per i docenti, che potrebbero più agevolmente portare avanti i programmi, grazie all'appoggio pomeridiano.

Purtroppo sono proposte che non vengono accolte e i giovani insegnanti precari sono costretti a pubblicare i loro annunci su siti e bigliettini, per guadagnare quel tanto che basti a pagare l'affitto e il costo della vita. Ed è il mercato che li richiede sempre più incessantemente.

Ricordando che i giovani d'oggi saranno gli adulti di domani e che l'istruzione e la cultura sono le basi della società civile, speriamo che anche i nostri governanti se ne ricordino e comincino ad investire di più sulla scuola, ma che sia una scuola di merito, aggiornata, che sappia comprendere il disagio dei più giovani ed aiutarli a superare con serietà le difficoltà della vita.

lunedì 9 novembre 2009

Muri di ieri, muri di oggi


20 anni fa cadeva il muro di Berlino.
In ricordo di quel 9 novembre 1989 oggi si terranno in tutto il mondo numerosi festeggiamenti per celebrare la vittoria della democrazia nella Germania dell'Est.

Pensare adesso ad un mondo diviso in due all'interno dell'Europa pare una cosa quasi assurda, eppure c'è stata per quasi trent'anni e le conseguenze le pagano ancora adesso gli ex paesi satelliti dell' Unione Sovietica come Romania e Bulgaria, che dal 2007 sono entrati far parte dell'Unione Europea, non senza difficoltà economiche e di integrazione, a causa di un passato di miseria da cui cercano di risollevarsi.

Eventi come la caduta del muro di Berlino hanno segnato la storia in positivo ed è bene festeggiare e ricordare quei momenti per non dimenticare cosa avviene quando si innalzano barriere fisiche o morali per dividere le persone e i territori.

Attualmente, purtroppo i muri e i confini etnici, politici o di incomprensione sono ancora tanti: si pensi alla "barriera di separazione" in Israele, alla divisione tra Corea del Nord e del Sud, al confine tra India e Pakistan e a quello tra Stati Uniti e Messico, ai conflitti tra cattolici e protestanti in Irlanda e se ne potrebbero citare molti altri.

Celebriamo oggi la caduta del muro di Berlino, ma con la consapevolezza e la speranza di abbattere anche tutti quegli altri muri che nel mondo ancora continuano a dividere, separare e uccidere.

venerdì 6 novembre 2009

La soluzione definitiva al problema del crocifisso



In questo continuo clima di polemiche tra laici, religiosi e tradizionalisti, potrebbe esserci un'opzione che metta tutti d'accordo.

Se il crocifisso di legno o di plastica esposto nelle aule è un simbolo eccessivamente pregno di significato religioso, sopratutto per chi vede in esso l'estrema pretesa del Vaticano di dominare sullo stato laico, perchè non spendere i soldi destinati al crocifisso in simboli artistici della nostra tradizione?

Mettiamo nelle aule italiane poster del nostro grande Rinascimento, che sono contemporaneamente simboli religiosi ed artistici.La creazione di Michelangelo offende forse i laici o gli appartenenti ad un'altra fede?
No ed inoltre sarebbe anche un sussidio didattico per quando viene studiata in storia dell'arte o potrebbe essere ispiratrice di una gita ai Musei Vaticani, che ospitano un'immensa collezione del patrimonio artistico del nostro paese.
I religiosi potranno anche riconoscere in esso la rapprsentazione delle loro credenze, senza tuttavia prevaricare a discapito di chi non crede.

Se accanto alle cartine geografiche e alla lavagna ci fossero rappresentazioni della nostra cultura e della nostra tradizione, anche religiosa, nessuno avrebbe nulla da obiettare, perchè si tratta anche di una materia di studio, nonchè di un ampliamento della conoscenza artistica dei nostri ragazzi.

Siete d'accordo?

giovedì 5 novembre 2009

Privatizzazione dell'acqua


Una notizia che è passata un po' sottotono in questi giorni riguarda la privatizzazione dell'acqua.
Il decreto legge 135/09, che riguarda la gestione dei servizi pubblici locali, compreso quello idrico, da affidare a privati, è stato  approvato dal consiglio dei ministri, ed è approdato in Senato il 3 novembre. Per il momento è stato emendato grazie all'intervento del PD.

Ma si tenta comunque di sottrarre l'acqua dalle mani dello Stato, delle regioni e dei comuni ed aprire il mercato ai privati.
Questo, a quanto dice il governo, per adeguarsi alla disciplina comunitaria.
Tuttavia il Parlamento Europeo dichiara che "l'acqua è un bene comune dell'umanità" e che "alcune categorie di servizi non sono sottoposte al principio comunitario della concorrenza".

La prima regione a muoversi contro l'art. 15 del decreto governativo è stata la Puglia, che considera l'acqua un bene dei suoi cittadini e per tanto non assoggettabile ai meccanismi di mercato. Vendola e la sua Giunta hanno stabilito la ripubblicizzazione dell'Acquedotto Pugliese, proprio riferendosi alle norme europee, che consentono che vi sia la libertà di scelta da parte dello Stato, dei comuni e delle regioni “se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito a un altro ente (pubblico o privato)”.

In molte altre zone del paese ci si appella contro il decreto, soprattutto dove la gestione delle risorse idriche funziona egregiamente. Dal nord al sud i comuni hanno inserito nei loro statuti articoli che proteggano l'acqua come un bene comune e pubblico.


Fermiamo la privatizzazione dell'acqua! L'acqua è un bene di tutti!


Ricordando che al mondo ci sono paesi in cui si muore di sete proprio perchè l'acqua è affidata nelle mani dei privati che non fanno sconti a nessuno.

mercoledì 4 novembre 2009

Crocifisso sì, crocifisso no


Dopo la recente decisione della Corte Europea di Strasburgo di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche sono scoppiate le polemiche.

E' giusto che l'educazione statale sia laica ed ogni genitore ha certamente il diritto di crescere i suoii figli secondo la proprie credenze e convinzioni che siano atee, agnostiche oppure religiose.

Non voglio qui prendere la difesa del Vaticano, però penso che il Crocifisso non sia per noi europei solo un simbolo religioso, ma anche culturale ed artistico.
Gran parte della nostra cultura è fondata proprio sul cristianesimo, prendiamo Dante, Giotto, Cimabue, Michelangelo, Manzoni e persino Gauguin e Dalì.

C'è forse qualcuno che si rifiuta di ammirare la Cappella Sistina perchè intrisa di simboli religiosi?
Chi non contempla nei musei i quadri di tema religioso che hanno ispirato gli artisti di tutt'Europa dai tempi antichi ad oggi?
Dovremmo forse smettere di insegnare ai nostri figli la Divina Commedia, perchè ispirata da valori e concezioni di matrice cristiana?
E che dire della divina provvidenza manzoniana, escludiamo forse i Promessi Sposi dal programma scolastico?

No, perchè il cristianesimo fa parte della nostra cultura e della nostra tradizione. Il crocifisso, che si vuole abolire dalle classi, non è solo il simbolo di una religione, ma è anche la figurazione delle nostre origini.

I nostri figli, prima di compiere una scelta religiosa, hanno il diritto e anche il dovere di conoscere innanzitutto le tradizioni del mondo in cui vivono, che siano condivisibili o no.

Se la scuola deve essere laica che si abolisca piuttosto l'ora di religione cattolica e si insegni etica o Storia delle religioni e si educhino gli studenti a valori    universali e ad una morale sociale, condivisibile da tutti. Laici e non.

Per quanto la nostra società si stia evolvendo sempre più verso una multiculturalità, non bisogna dimenticare le proprie tradizioni e il crocifisso, volenti o nolenti è una di queste.

Perchè continuare ad accanirsi su un simbolo?


martedì 3 novembre 2009

Il Ku Klux Klan arriva in Italia approdando sul web




La setta americana xenofoba e razzista ha aperto una sezione italiana con un blog.
Gli incappucciati del KKK si proclamano difensori della razza bianca, considerata superiore rispetto a neri, ebrei, ispanici e persino gay.


"Se siete uomini o donne patrioti bianchi e ritenete di volervi impegnare per la vostra stirpe e per le generazioni future, se ne avete abbastanza di vedere la nostra discendenza, i nostri diritti e il nostro futuro calpestati e gettati via, se volete mettere fine a questo scempio, saremo felici di avervi con noi e di ascoltarvi”
Questo è quanto si può leggere sul loro sito : 


Sono già stati presi provvedimenti da parte del governo, su sollecitazione del ministro Carfagna e dell'Ufficio Nazionale Antidiscrimanazioni Raziali. Gli ordini preposti al controllo dei contenuti stanno cercando di individuare il server che ospita il sito della divisione europea del Ku Klux Klan.


Non contenti del blog, continuano a pubblicare su un altro spazio: http://www.stormfront.org/forum/showthread.php?t=514594 
Qui il capo supremo della setta, l'Imperial Wizard Cole Thornton apre le porte agli Europei:

"Ho il piacere di annunciare che la votazione è terminata con l'accettazione dell'Europa. A seguito di una schiacciante maggioranza, Io dichiaro l'Europa quale membro ufficiale dell' U.N.S.K. Benvenuti e congratulazioni."

Per quanto risulti quasi ridicolo vedere persone che si barricano dietro a costumi e simboli di retaggio medievale, quello che stupisce è che purtroppo manifestazioni del genere  raccolgono i malumori serpeggianti della gente e, attraverso il web, diffondono ideologie spicciole, che fanno dell'appartenenza al gruppo e dell'odio per il diverso il loro cavallo di battaglia.

Prima di iniziare a vedere anche in Italia gente incappucciata che inneggia alla superiorità della razza iniziamo a denunciarli, se vi imbattete in siti del genere, non esitate!






Precario - Junior sprea

Oggi vi do il buongiorno con un'altra canzone sul precariato che ci ha suggerito una nostra fan.
E' di Junior Sprea!
Buon ascolto




lunedì 2 novembre 2009

Stefano Cucchi come Federico Aldovrandi, uccisi dallo Stato.

Si può morire a 31 anni perchè si hanno in tasca 20 grammi d'erba? 






In Italia purtroppo sì. E' la vicenda terribile di cui si sente parlare in questi giorni, la morte di Stefano Cucchi.
Sano al momento dell'arresto, avvenuto il 15 ottobre, il giorno seguente presenta echimosi e lesioni sul volto e nella zona sacrale, per cui è ricoverato al Fatebenefratelli di Roma, dove gli viene riscontrata la frattura di due vertebre.

Stefano dice di essere caduto dalle scale, a fine settembre a casa dei genitori. Ha forse mentito per paura?
Può una persona con due vertebre rotte, che non si regge in piedi vivere tranquillamente per giorni?
La sorella Ilaria sostiene che dalle scale Stefano non fosse mai caduto e che stesse benissimo, prima di venire arrestato. La sera del 16, rilasciato dall'ospedale viene portato al Regina Coeli in sedia a rotelle, non essendo più in grado di camminare. Il mattino seguente Stefano viene nuovamente ricoverato, prima al  Fatebenefratelli e poi al Pertini, dove muore all'alba del 22 ottobre.

Le foto parlano da sole. Il volto è irriconoscibile. Cosa è successo a Stefano per essere ridotto così?

Si parla di omicidio preterintenzionale. La magistratura indaga sui carabinieri che l'hanno avuto in custodia ed anche sull' ospedale dove è morto. I medici dicono che rifiutasse il cibo, ma perchè non è stato intubato? Cosa è successo davvero nella caserma?
In attesa dell'autopsia che porti un po' più di luce sulla verità, la domanda che sorge spontanea è una sola:

Perchè è morto Stefano?

E' giusto che uno Stato faccia rispettare le sue leggi, Stefano era punibile per il reato, ma non per questo doveva morire, massacrato di botte. Lo Stato deve proteggere i cittadini, aiutare i più deboli e perseguire i colpevoli, rieducarli alla legge, ma non certo attraverso la forza, una forza così bruta da spezzare la vita di un giovane.


La vicenda ha tanti paralleli con quella di Federico Aldovrandi, anche lui morto a soli 18 anni (25 settembre 2005) per mano della polizia. Il processo ha portato all'accusa di quattro poliziotti, condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi per "eccesso colposo in omicidio colposo", ma che non hanno scontato neanche un giorno di carcere grazie all'indulto, nè sono stati radiati dalla polizia.

Federico, come Stefano è morto massacrato di botte, calci e manganellate.
 
E' questa la giustizia in Italia?

E' possibile vivere in uno Stato in cui spesso i tutori dell'ordine sono degli assassini, che per di più restano impuniti?